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Whistleblowing in Italia: fischio d’inizio. Il 2023 è stato un anno rilevante per la regolamentazione della pratica di segnalare illeciti o comportamenti scorretti all’interno di un’organizzazione. Un tema, questo, di crescente importanza nel contesto della trasparenza e dell’integrità aziendale. Anche grazie all’impegno di Transparency International Italia¹, un’organizzazione non governativa il cui principale obiettivo è quello di sviluppare strategie efficaci per prevenire la corruzione. Approfondiamo, allora, la normativa che regola il whistleblowing in Italia, scoprendo quali sono gli obblighi (e i benefici) per le aziende virtuose.

Che cosa significa whistleblowing

Già diffuso da tempo negli USA e nel Regno Unito, il whistleblowing è uno strumento di compliance aziendale attraverso il quale i dipendenti di amministrazioni pubbliche e realtà private possono spontaneamente segnalare, in modo riservato e protetto, eventuali illeciti avvenuti all’interno dell’organizzazione. Si tratta, quindi, di uno strumento per far emergere comportamenti, atti od omissioni che ledono l’interesse pubblico o dell’ente privato. È il caso, per esempio, di:

Oltre a quello intrinseco della prevenzione degli illeciti, lo scopo del whistleblowing in Italia è quello di coinvolgere e sensibilizzare i cittadini alla lotta all’illegalità, richiedendo di partecipare attivamente al miglioramento della società.

LEGGI ANCHE: Ecco perché conviene un audit di verifica della conformità normativa

Il whistleblowing in Italia: le novità introdotte

In tema di whistleblowing, in Italia lo scorso marzo è entrato in vigore il D.Lgs. 24/2023², in attuazione della Direttiva (UE) 2019/1937. L’atto normativo sostituisce le disposizioni previste dalla legge n. 179/2017 per il settore pubblico e dal D.Lgs. 231/2001 per quello privato.
La nuova normativa sul whistleblowing in Italia estende la cerchia dei soggetti che possono avanzare una segnalazione, ovvero i whistleblower. Tra questi troviamo:

Tra i soggetti segnalanti troviamo anche volontari e tirocinanti, figure di amministrazione, controllo e vigilanza. La segnalazione può essere presentata attraverso il canale interno, cioè nell’ambito del contesto lavorativo. In alternativa, ci si può rivolgere esternamente, all’Autorità nazionale anticorruzione o tramite una divulgazione pubblica, ma solo in alcuni casi³. Si può optare anche per la denuncia all’autorità giudiziaria o contabile.

Obblighi e scadenze per le aziende in materia di whistleblowing

Le novità introdotte dal decreto legge sul whistleblowing in Italia sono molteplici. Sono previste anche scadenze diverse per l’implementazione delle disposizioni di legge, in base alle dimensioni dell’azienda e a specifici criteri.

Più tutele per chi segnala

La nuova disposizione normativa in materia di whistleblowing ha introdotto importanti cambiamenti anche sul fronte della riservatezza, prevedendo un solido sistema di tutele.
Sarà necessario attivare canali di segnalazione interna che garantiscano, anche grazie all’uso di strumenti di crittografia, la riservatezza dell’identità del whistleblower. Ma anche delle persone oggetto della segnalazione, e, più in generale, di tutti i soggetti coinvolti. La discrezione riguardo i dati sensibili è un requisito obbligatorio per assicurare la conformità della propria azienda alla normativa.
Inoltre, dovrà essere fornita idonea informativa al trattamento dei dati, ai sensi del Regolamento GDPR. Il titolare del trattamento dovrà stabilire i tempi di conservazione della segnalazione, nominare e istruire i soggetti incaricati alla gestione delle stesse ed effettuare una valutazione d’impatto privacy (DPIA).

LEGGI ANCHE: Protezione dei dati personali: le responsabilità delle aziende

Inadempienze e sanzioni per le imprese

In materia di whistleblowing, in Italia, l’ANAC assume la responsabilità esclusiva di valutare le segnalazioni e l’eventuale applicazione delle sanzioni amministrative. Sia per quel che riguarda il settore pubblico sia per quello privato. Tale organo prevede sanzioni che vanno da 10.000 a 50.000€ per le imprese che non hanno istituito canali di segnalazione o che non hanno adottato procedure per la loro effettuazione e gestione. Lo stesso vale nei casi in cui si accerti che:

Le sanzioni, tuttavia, non interessano soltanto le aziende inadempienti. Sono, infatti, previste ammende anche per i segnalanti che incorrono nei reati di diffamazione o calunnia con la denuncia all’autorità giudiziaria o contabile. Per tali figure, l’importo delle contravvenzioni varia da 500 a 2.500 euro.

Benefici e opportunità in ambito aziendale

Sanzioni, ma non solo. Il whistleblowing, in Italia, offre una serie di benefici sia per le aziende, sia per gli stessi segnalatori.
Per le prime, il whistleblowing può rappresentare un’opportunità per rilevare e affrontare tempestivamente eventuali comportamenti illeciti o scorretti. In questo modo possono prevenire perdite finanziarie, eventuali contenziosi legali e potenziali danni reputazionali. Inoltre, il whistleblowing può contribuire a creare un ambiente lavorativo più etico e responsabile, aumentando la fiducia tra dipendenti e clienti.
Dal canto loro, i whistleblower possono sentirsi più tutelati e incoraggiati a segnalare attività illecite senza il rischio di ritorsioni (licenziamento, sospensione, demansionamento, discriminazioni, ecc.). In questo senso, si assiste gradualmente a un cambio di percezione delle figura del whistleblower nel nostro Paese: da “spione” o “delatore” a figura che contribuisce a migliorare la trasparenza e l’etica all’interno di un’organizzazione, facendosi promotore di una cultura dell’integrità.

Siamo a disposizione per offrirti tutta la consulenza necessaria a mettere in regola la tua azienda alla luce delle novità normative in tema di whistleblowing.
Per informazioni,
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NOTE
¹ Per approfondire: Whistleblowing, Transparency International Italia
² Leggi il testo completo del Decreto legislativo 10 marzo 2023, n. 24
³ Per saperne di più: Whistleblowing, le novità del D.Lgs. n. 24/2023, ANAC

È, in fondo, una questione di autofocus. Non si parla, però, di fotografia. In ambito aziendale, come sai, non è semplice occuparsi e stare al passo con tutte le norme e i requisiti legali da rispettare. Sono, infatti, tanti e i cambiamenti sono frequenti. Tuttavia, bisogna farlo: anche la minima disattenzione a livello burocratico, potrebbe tradursi in multe salate. In questo contesto, un audit della verifica della conformità normativa della propria impresa è una soluzione valida. Già obbligatorio per le certificazioni ISO 14001 e 45001, può essere svolto anche in autonomia, con il supporto di professionisti certificati.

Stiamo rispettando tutte le norme vigenti?

Come svela il nome, un audit della conformità normativa serve a verificare che un’azienda o un ente stia rispettando tutte le normative. Ci si riferisce sia alle norme del proprio settore specifico sia a quelle legate all’ambiente e al territorio. L’audit si concentra sul rispetto della legislazione vigente, dal punto di vista operativo e amministrativo.
Al termine dell’audit, un tecnico specializzato elabora un verbale riepilogativo sulle criticità rilevate. «Secondo gli obblighi di conformità – spiega Clarissa Serafini, consulente di e_labo –, l’azienda deve essere in grado di riconoscere le norme che le si applicano. Questo è facile quando si osservano le norme generali, come le autorizzazioni alle norme in atmosfera o agli scarichi idrici. Lo diventa un po’ meno quando si scende nello specifico. Per esempio, quando si parla di agibilità dello stabile, della zona paesaggistica o dell’autorizzazione delle insegne. Sono tutte norme di cui spesso non si tiene conto».

LEGGI ANCHE: Principali adempimenti ambientali per le PMI

Percorso specifico per ogni azienda

Il percorso dell’audit verifica della conformità normativa è unico per ogni azienda. Ogni settore, infatti, ha le sue peculiarità che, a livello legislativo, si traducono in esigenze diverse. In questo senso, il ruolo (cruciale) dell’operatore è valutare caso per caso le necessità dell’azienda. «Un conto è occuparsi di un’azienda conciaria, i cui obblighi a livello di sicurezza riguardano perlopiù estintori e uscite di emergenza – sottolinea Serafini –. Discorso diverso è se, per esempio, l’azienda si occupa di materiale esplosivo. In questo caso, esistono sicuramente più prescrizioni che devono essere controllate. Ma non parliamo solo di casi estremi. Già avere una caldaia richiede un controllo delle emissioni che rientra nella conformità normativa». Insomma: aziende diverse, analisi differenti.

Perché realizzare un audit di verifica della conformità normativa

Vi sono molte ottime ragioni per realizzare un audit di verifica della conformità normativa. Tra le principali, possiamo ricordare che:

«Nell’industria conciaria – evidenzia Serafini –, sta spopolando la certificazione LWG, che all’interno contiene una serie di domande che ricalcano i concetti di sostenibilità. Frequentemente ci troviamo a gestire questi argomenti con le aziende, anche se queste non sanno bene di cosa parliamo. Un discorso simile può essere fatto sul fronte della sicurezza, con i vari obblighi del D.Lgs. 81/2008 che spesso non sono conosciuti a fondo e nella loro totalità. È essenziale, invece, avere un’idea chiara e completa della situazione normativa: anche la più piccola dimenticanza, apparentemente insignificante, può tradursi in una multa salata».

LEGGI ANCHE: Certificazione LWG: che cos’è e come ottenerla

audit di verifica della conformità normativa

Un esempio di check list

Ma, nel concreto, in cosa consiste un audit di verifica della conformità normativa? Si tratta di un esame documentale che dura qualche giorno. Il punto di partenza è una check list, analoga a quella che trovi qui sotto. Questo strumento operativo aiuta l’operatore a verificare che tutti i requisiti siano rispettati, per poi realizzare un registro. La checklist riporta tutti gli adempimenti e le scadenze: dalla redazione del DVR e del DUVRI alla nomina di RSPP e addetti antincendio; dalla formazione generale e specifica sulla sicurezza dei lavoratori alla valutazione del rischio da stress lavoro correlato, solo per fare degli esempi.

Esempio di checklist per audit di verifica della conformità normativa

Requisiti  Legislazione Ambientale C NC NA Riferimenti azienda
1 Consumi energetici

Legge ordinaria del Parlamento n° 10 del 09/01/1991

2 Nomina del tecnico responsabile per la conservazione e l’uso razionale dell’energia (energy manager)
3 Comunicazione annuale
Prelievi idrici
4 In atto misure per l’eliminazione degli sprechi, l’incremento del riciclo e del riutilizzo, la riduzione dei consumi
5 Concessione approvvigionamento idrico autonomo
6 Denuncia pozzi
7 Denuncia annuale dei prelievi
8 Pagamento canone annuo per utenze di acqua pubblica
9 Installazione apparecchiature per la misura delle portate
Emissioni in atmosfera
10 Disponibile elenco aggiornato delle emissioni (identificazione e origine) e dati sulle caratteristiche degli effluenti e degli impianti di abbattimento
11 Richiesta di autorizzazione per emissioni da impianti nuovi, esistenti, modificati sostanzialmente, trasferiti
12 Autorizzazione emissioni
13 Procedura semplificata per emissioni a ridotto inquinamento
14 Comunicazione emissioni a inquinamento poco significativo
15 Rispetto dei limiti e delle prescrizioni dell’autorizzazione
16 Appartenenza a una delle 54 tipologie di impianto dell’all.2 del DM 12/7/90
17 Impiego di metodi di campionamento, analisi e valutazione delle emissioni indicati nell’all.4 del DM 12/7/90
18 Misurazione emissioni con sistemi di rilevamento in continuo
19 Limitazione di emissioni diffuse (movimentazione e stoccaggio materie prime/prodotti, tenuta giunzioni, flange, guarnizioni, gestione solventi organici volatili)

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Il tema della sicurezza sul lavoro resta di grande attualità. Anche perché l’attualità racconta di un contesto in cui resta molto da fare. Lo dicono i numeri¹: più di 100 morti al mese anche quest’anno in Italia tra gennaio e settembre, con un aumento dell’8,1% delle denunce complessive. Insomma, è tempo di agire: dai controlli alla formazione, passando per una nuova cultura in materia di salute e sicurezza sul lavoro. Recentemente si è messo mano, per esempio, al Testo Unico sulla sicurezza. Vediamo cosa prevede il D.Lgs. 81 aggiornato e cosa cambia per imprese e lavoratori.

Cosa prevede il D.Lgs. 81 aggiornato

Semplificare e incentivare l’attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro. E favorire il coordinamento dei soggetti competenti a presidiare il rispetto delle norme di prevenzione. Così il ministero del Lavoro ha presentato le modifiche alla normativa vigente.
Il D.L. 146/2021, pubblicato in Gazzetta Ufficiale a fine ottobre, ha apportato alcune modifiche al TUS. L’aggiornamento del Testo Unico sulla sicurezza riguarda principalmente due campi:

Parlando di sanzioni, con il D.Lgs. 81 aggiornato vengono inasprite le multe, amministrative e pecuniarie. Lo vediamo, nel dettaglio, più in basso. Per quanto riguarda l’attività degli enti di controllo, invece, vengono ampliate le competenze dell’Ispettorato Nazionale del Lavoro (INL). Inoltre, aumenta il personale ispettivo.

Leggi anche: RSPP, RLS, Preposti: ruoli e responsabilità della sicurezza

Le novità del D.Lgs 81/2008

Le modifiche al TUS, come abbiamo visto, interessano l’Ispettorato Nazionale del Lavoro. Con il D.Lgs. 81 aggiornato si assiste a un ampliamento delle competenze ispettive dell’INL negli ambiti della salute e sicurezza del lavoro. È, inoltre, previsto un coordinamento tra ASL e INL per quanto riguarda le attività di vigilanza in materia di salute e sicurezza sul lavoro a livello provinciale.
Il D.Lgs. 81/2008 aggiornato contempla anche un aumento dell’organico: verranno, infatti, assunte oltre mille nuove unità. Aumenta anche il personale del Comando Carabinieri per la tutela del lavoro. Saranno, poi, investiti poco meno di 4 milioni di euro in nuove tecnologie nel biennio 2022/2023. Tra le novità del Testo Unico sulla Sicurezza spicca il rafforzamento del Sistema Informativo Nazionale per la Prevenzione nei luoghi di lavoro². Con un SINP più “forte”, si punta a una definitiva messa a regime e a una maggiore condivisione delle informazioni in esso contenute.

Leggi anche: Spazi confinati: come valutare il rischio per prevenirlo

Occhio alle multe per chi “sgarra”

L’allegato I del D.Lgs. 81 aggiornato va a sostituire l’omonimo allegato del D.Lgs. 81/2008. In particolare, a una serie di fattispecie di violazione viene associato l’importo di una somma aggiuntiva. Ad esempio:

Gli introiti derivanti dalle sanzioni emanate dal personale dell’Ispettorato in materia di prevenzione andranno a finanziare l’attività di prevenzione nei luoghi di lavoro. Analogamente a ciò che avviene per le sanzioni adottate dal personale ispettivo delle Aziende sanitarie locali. 

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Più bassa la percentuale per la sospensione dell’attività in caso di violazioni

Il D.Lgs. 81 aggiornato vede, infine, aggiornata la percentuale che fa scattare l’adozione del provvedimento cautelare della sospensione dell’attività imprenditoriale interessata dalle violazioni. Avverrà, infatti, in presenza del 10% e non più del 20% del personale “in nero”. Inoltre, non sarà più richiesta alcuna “recidiva” ai fini dell’adozione del provvedimento. Questo, dunque, sarà subito operativo a fronte di gravi violazioni di prevenzione.
La nuova disciplina prevede anche, per l’impresa destinataria del provvedimento, l’impossibilità di contrattare con la Pubblica Amministrazione durante la sospensione. Fare i “furbi” in materia di tutela della salute e della sicurezza sul lavoro, insomma, conviene sempre meno. 

Leggi anche: Investire in sicurezza conviene: 1 euro ne genera 2

NOTE

¹ Fonte: Inail.

² Il SINP fornisce dati utili per orientare, programmare, pianificare e valutare l’efficacia delle attività di prevenzione degli infortuni e delle malattie professionali. Ciò relativamente ai lavoratori iscritti e non iscritti agli enti assicurativi pubblici. Così dispone l’articolo 8 del Testo unico sulla sicurezza. Il Sistema contribuisce, inoltre, a indirizzare le attività di vigilanza. Questo attraverso l’uso integrato delle informazioni disponibili negli attuali sistemi informativi, anche tramite l’integrazione di specifici archivi e la creazione di banche dati unificate.

La data cerchiata in rosso sui calendari di molte aziende si avvicina. È fissata, infatti, per il 28 agosto 2021 la scadenza per presentare all’autorità competente la prima relazione tecnica per gli stabilimenti autorizzati alle emissioni in atmosfera. È quanto stabilito dal D.lgs. 102/2020, entrato in vigore un anno fa. Cosa cambia per le aziende? Ne parliamo in questo articolo, riepilogando le principali date da tenere a mente per non incorrere in sanzioni amministrative e penali. 

Le sostanze sotto osservazione

Il decreto aggiunge nuove definizioni e disposizioni volte al riordino del quadro normativo. Le modifiche riguardano le industrie che, all’interno dei loro processi produttivi, utilizzano sostanze pericolose che possono produrre emissioni in atmosfera. Le componenti sotto osservazione sono, nello specifico:

Tali sostanze – specifica il decreto – “devono essere limitate nella maggior misura possibile dal punto di vista tecnico e dell'esercizio”. Inoltre, “vanno sostituite non appena tecnicamente ed economicamente possibile nei cicli produttivi da cui originano emissioni delle sostanze stesse”. 

* Il riferimento da assumere è l’indicazione contenuta nell'etichettatura del prodotto e non la sostanza in esso contenuta. È, quindi, fondamentale disporre di schede di sicurezza aggiornate e complete dei prodotti chimici in uso.

Aziende: cosa fare?

Ogni cinque anni, a decorrere dalla data di rilascio o di rinnovo dell’autorizzazione, i gestori degli stabilimenti devono inviare una relazione tecnica all’autorità competente. Nel dettaglio, alla Provincia e al Dipartimento Provinciale ARPA di riferimento in base alla sede dell’azienda. Il tutto tramite PEC a firma del legale dell’azienda. Nella relazione:

Sulla base della relazione, l'autorità competente può richiedere la presentazione di una domanda di aggiornamento o di rinnovo dell'autorizzazione.

Emissioni in atmosfera: obblighi e scadenze

Vincoli e scadenze non sono uguali per tutti. Analizziamo i singoli casi nel dettaglio. Gli stabilimenti con autorizzazione ordinaria (AUA) già esistenti al 28 agosto 2020, devono, per esempio:

Passiamo agli stabilimenti con autorizzazione in via generale (AVG) già esistenti al 28 agosto 2020. Qui, in caso di uso di sostanze da cui si originano emissioni in atmosfera, va presentata domanda di autorizzazione unica ambientale (AUA) entro il 28 agosto 2023.

Se, invece, la domanda di autorizzazione per un nuovo impianto, modifica o rinnovo è stata presentata dopo il 28 agosto 2020? In questo caso, entro 3 anni dalla modifica della classificazione delle sostanze va presentata una domanda di autorizzazione. Ciò ai sensi dell'articolo 269 del D.Lgs. n. 152/06. O, in alternativa, bisogna sostituire tali sostanze con altre non aventi le caratteristiche sopra descritte. Per i nuovi stabilimenti, infine, l’obbligo di trasmissione della relazione tecnica è ogni 5 anni a decorrere dal rilascio o dal rinnovo delle autorizzazioni. 

Occhio alle sanzioni

Sono molteplici, dunque, le fattispecie da considerare e gli elementi di cui tener conto. Il rischio di perdere la trebisonda c’è, specie a conclusione di un anno così complesso anche per la gestione dell’emergenza Covid-19. Non preoccuparti: i nostri esperti sono a tua disposizione per aiutarti a far tutto al meglio. Per rispettare la legge e per evitare le sanzioni. In caso di violazione degli obblighi, sono previste, infatti, sanzioni di tipo penale e amministrativo (da 500 a 2.500 euro). Le prime per la mancata domanda di autorizzazione all'utilizzo di sostanze considerate pericolose; le seconde invece, per la mancata presentazione della relazione entro il 28 agosto 2021.

Hai bisogno di una mano? Contattaci.
Siamo pronti a supportarti nella redazione e trasmissione della relazione tecnica. 

Il preposto è una figura chiave nell'ambito di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro. E come tale ha ruoli e responsabilità ben definite. Una figura diventata ancor più centrale durante l’attuale pandemia di Covid 19 che ha aumentato la necessità di controllo circa il rispetto dei protocolli aziendali anti contagio. In questo articolo vedremo insieme chi è il preposto, quali sono i suoi compiti e le sue specifiche responsabilità, nonché le responsabilità del datore di lavoro nei suoi confronti, a partire da un’adeguata formazione.

Chi è il preposto

Secondo l’ordinamento italiano, il preposto è colui che sovrintende all’attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute dal datore di lavoro, esercitando un potere di iniziativa funzionale a tale ruolo. È responsabile giuridicamente in caso di incidente causato da una prassi scorretta di cui egli era a conoscenza e che egli avrebbe dovuto impedire. I compiti dei preposti sono definiti dall'art. 19 del Testo unico in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (TUSL):

Preposti di fatto e di diritto

Ma concretamente chi è il preposto? Si tratta sempre, fondamentalmente, di una figura responsabile di sovrintendere gli altri lavoratori: un “capo”, o comunque una figura con un’autorità riconosciuta nel suo contesto di lavoro. Il preposto può essere investito ufficialmente, tramite apposita lettera d’incarico. In questo caso si parla di preposto “di diritto”. Tuttavia qualsiasi lavoratore che, in concreto, assolve lo stesso ruolo è considerato per legge un preposto “di fatto”

Attenzione al principio dell’effettività

La nomina di un preposto può portare a una condivisione della responsabilità di controllo in capo al datore di lavoro. È importante notare, tuttavia, che non basta la nomina formale da parte del datore di lavoro per fare un preposto. Secondo il principio dell’effettività, il preposto “di diritto” deve essere anche effettivamente messo nelle condizioni di poter svolgere le sue mansioni.
D’altra parte, un sovrintendente, anche senza nomina formale, è considerato a tutti gli effetti un preposto ed è soggetto alle responsabilità (e alle sanzioni) previste per legge. Per questi motivi è importante che chi è preposto - di fatto o di diritto - sia cosciente delle sue mansioni e soprattutto che abbia gli strumenti per svolgerle, a partire da una adeguata formazione.

Scopri i nostri corsi per preposti fruibili anche in modalità e-learning (blended: parte 1 in e-learning parte due in VDC o presenza, proprio perché specifica sui rischi di settore). Siamo a disposizione anche per consulenze sulle specifiche per analizzare e definire l’attività dei preposti entro uno specifico contesto aziendale. Per maggiori informazioni contattaci. Ci trovi ad Arzignano in provincia di Vicenza.

Formazione del preposto

Fin’ora abbiamo visto insieme chi è il preposto e quali sono i compiti che deve svolgere. Ma quali sono le responsabilità del datore di lavoro nei suoi confronti? Innanzitutto il datore di lavoro è responsabile di vigilare sull'operato dei preposti. Egli inoltre, secondo l’articolo 37 del TUSL, deve  assicurare al preposto un'adeguata e specifica formazione e un aggiornamento periodico in materia di salute e sicurezza sul lavoro, i cui contenuti devono comprendere:

Un corso di formazione preposti dura 8 ore, di cui 4 su temi giuridico comuni a tutti e 4 specifiche per i rischi di settore. Gli aggiornamenti (6 ore) vanno svolti ogni 5 anni e sostituiscono l’aggiornamento della formazione specifica. Da notare che un preposto di fatto, anche se non formato, risponde comunque in prima persona per inadempienza delle responsabilità previste dalla norma. Ricevere un’adeguata formazione, quindi, è anche nel suo stesso interesse. 

Sanzioni a carico del preposto

Il preposto può andare incontro a due tipi di sanzioni secondo l’articolo 56 del TUSL.

In caso di morte, lesioni personali, o malattia professionale l’autorità giudiziaria apre d’ufficio un’istruttoria di tipo penale a carico dei soggetti sospettati di inadempienza, tra cui ci può essere anche il preposto.

Nel mare delle ditte che rilasciano attestati di sicurezza, si può incappare anche in qualche truffa. Quindi bisogna tenere gli occhi aperti. In questo post vi parleremo di come riconoscere gli attestati validi da quelli falsi e di cosa rischia un datore di lavoro che compra attestati di sicurezza falsi.

Attestati di sicurezza validi

Per essere considerato valido a livello nazionale, gli attestati di sicurezza devono riportare le seguenti diciture:

Occhio all’e-learning

Bisogna stare particolarmente attenti a quando un corso viene offerto in e-learning. Secondo l’Accordo Stato-Regioni del 7 Luglio 2016, non tutti gli attestati di sicurezza, infatti, possono essere ottenuti con corsi online. Tra questi:

I rischi di acquistare falsi attestati

È capitato anche che sia lo stesso datore di lavoro a rivolgersi a società disoneste per ottenere falsi attestati, convinto così di risparmiare tempo e denaro. Questo è un reato penale. Ma cosa comporta tutto ciò? 

La formazione conviene

La formazione dei lavoratori in realtà è un vantaggio per il datore di lavoro, in quanto è correlata ad un aumento della produttività, come testimonia una ricerca dell’Isfol. Comporta inoltre altri vantaggi

Inoltre, la formazione è incentivata attraverso i fondi interprofessionali. Questi sono organismi di natura associativa il cui scopo è proprio quello di promuovere attività di formazione dirette ai lavoratori.

Siamo a disposizione per offrire corsi di formazione su tutti i principali temi della sicurezza sul lavoro (vedi elenco) alternando lezioni frontali, esercitazioni pratiche e discussioni di gruppo. Siamo un centro di formazione accreditato dalla Regione Veneto che rilascia crediti riconosciuti attraverso i propri corsi. Per informazioni contattaci. Ci trovi ad Arzignano in provincia di Vicenza.

Photo: Freepik

A che punto siamo il GDPR? Il nuovo regolamento europeo sulla protezione dei dati personali è entrato in vigore il 25 maggio 2018 e l’italia si è adeguata lo scorso settembre con il D.Lgs. 101/2018. È stato previsto un periodo di prima applicazione di otto mesi per consentire, in particolare alle PMI, di adeguarsi alle nuove disposizioni. Questa fase transitoria terminerà dunque il 19 maggio 2019 (e ad un anno dall’entrata in vigore europea). Per facilitare l’apprendimento del nuovo regolamento, Federprivacy ha organizzato un interessante corso online.

“Privacy Cafè”

Il corso ricalca volutamente il format della fortunata sitcom TV “Camera Cafè”. Ogni puntata, costruita come se fosse il “break” di un corso di formazione sul tema, dura circa un minuto e mezzo. Le lezioni sono in tutto dieci e affrontano specifici punti del GDPR. Alla fine di ogni video viene verificato l’apprendimento dell’allievo. Per portare a termine il compito si hanno trenta minuti e al termine, in caso di esito positivo, si ottiene un attestato di partecipazione.

I nostri corsi in arrivo

Ricordiamo che per poter svolgere legittimamente le proprie mansioni riguardanti la manipolazione di qualunque dato personale, i lavoratori devono essere autorizzati dal datore di lavoro e istruiti sulle nozioni basilari della legge sulla privacy, come previsto dall’art.29 del Regolamento UE 2016/679. Per questo nelle prossime settimane lanceremo un calendario di corsi di formazione per lavoratori specifcamente dedicato al GDPR. Stay tuned...

Un percorso non facile

Il percorso di adozione del nuovo regolamento europeo GDPR è ben lungi dall’essere terminato in Italia. “Le grandi imprese hanno cominciato, e spero concluso, la fase di adeguamento al nuovo regolamento – ha affermato negli scorsi giorni Antonello Soro – e spero anche la Pubblica amministrazione centrale. Ma siamo consapevoli delle difficoltà che affrontano le piccole imprese”. Fino ad ora i controlli si sono concentrati su aziende che gestiscono grandi banche dati (come istituti di credito o società di telemarketing). Dopo il 19 maggio, tuttavia, terminerà il periodo transitorio che fino ad ora ha concesso alle PMI il tempo di aggiornarsi.

Responsabilità civile sulla protezione dei dati

Il mancato rispetto del regolamento GDPR sulla protezione dei dati personali comporta sia sanzioni amministrative, sia sanzioni penali. Le sanzioni amministrative si applicano in due casi:

Responsabilità penale

Le sanzioni penali saranno applicabili nei seguenti casi:

Siamo a disposizione per offrirvi tutta la consulenza necessaria a mettere in regola la vostra azienda dal punto di vista della tutela dei dati e della privacy e ad indicarvi la modalità di gestione delle vecchie autorizzazioni. Per qualsiasi informazione, contattaci. Ci trovi ad Arzignano, in provincia di Vicenza.

La gestione delle sostanze chimiche in ambito aziendale, negli ultimi anni è stata oggetto di frequenti aggiornamenti delle norme europee al fine di migliorare la salute e sicurezza dei lavoratori e il rispetto dell’ambiente. I regolamenti REACH e CLP hanno introdotto nuove norme, adempimenti e sanzioni più severe. Per questo abbiamo istituito un servizio di consulenza REACH CLP dedicato alle aziende.  Un’azione di verifica e controllo per prevenire il rischio chimico e mettersi in regola.

Il nostro nuovo servizio di consulenza REACH CLP

Responsabilità e sanzioni

Nel caso di violazioni delle norme, si incorre in sanzioni a carico di tutta la catena di fornitura, ma anche dell’utilizzatore a valle (ovvero il datore di lavoro). Ecco alcuni esempi in caso di mancata, errata o difforme esecuzione dei seguenti adempimenti:

Reach e CLP

REACH e CLP sono due regolamenti complementari che si prefiggono una migliore prevenzione del rischio chimico per i lavoratori e la tutela dell’ambiente. La prima riguarda registrazione, valutazione, autorizzazione e restrizione delle sostanze chimiche. La seconda classificazione, etichettatura e imballaggio.

Il REACH è il nuovo sistema europeo di controllo dei prodotti chimici, entrato in vigore il 31 maggio 2018, e che si prefigge un maggior livello di protezione della salute e dell’ambiente. Il CLP è il regolamento europeo su etichettatura e imballaggi delle sostanze chimiche è entrato in vigore dal 01 Giugno 2015.

Offriamo servizi di consulenza per supportare le aziende nell'implementazione e nella gestione del Rischio Chimico e REACH - Registration, Evaluation, Authorisation of Chemicals. Per ulteriori informazioni, contattaci. Ci trovi ad Arzignano, in provincia di Vicenza.

Credits: luis_molinero - it.freepik.com

La Finanziaria 2019 contiene diversi articoli concernenti la tutela del lavoro (a questo link il testo ufficiale della Legge di bilancio). In questo post prenderemo in considerazione i principali, relativi a: 

Aumento sanzioni a contrasto del lavoro irregolare

La legge di bilancio 2019 prevede un aumento del 20% delle sanzioni per l’impiego di lavoratori senza averlo in precedenza comunicato al Centro per l’impiego, per la mancata comunicazione del distacco transnazionale, per la somministrazione irregolare di lavoro e in caso di inosservanza delle norme sull’orario di lavoro. In più, se il datore di lavoro risulta recidivo, tali maggiorazioni vengono raddoppiate.

Nuovi ispettori del lavoro

Anche per i controlli relativi al rispetto delle norme sono attesi aumenti in base alla Finanziaria 2019. Secondo la legge di bilancio 2019 nei prossimi tre anni verranno assunti, presso l’ispettorato nazionale del lavoro, circa mille nuovi ispettori. In particolare, quest’anno verranno assunti 300 ispettori. Lo stesso discorso vale per l’anno prossimo, mentre per il 2021 le unità previste sono 330.

Riduzione premio Inail

La legge di bilancio 2019 prevede la revisione dei premi Inail, che verranno fissati dallo stesso Istituto, in modo da abbassare del 30% il costo per le imprese. Non verranno revisionati solo i premi, ma anche le tutele. Infatti, in sede di erogazione di una prestazione, l'Inail dovrà tenere in considerazione tutte le indennità percepite dal beneficiario per lo stesso evento.

Proroga incentivo formazione industria 4.0

Il credito d’imposta per attività di formazione 4.0 è stato prorogato per il 2019. Tale bonus verrà attribuito in percentuale diversa alle aziende tenendo conto delle loro dimensioni. Il totale annuo sarà di 300 mila euro e coprirà il 50% delle spese affrontate dalle piccole imprese. Per quanto riguarda le medie imprese, la percentuale si abbassa al 40%. Per le grandi imprese, si parla del 30% con un limite annuo di 200 mila euro.

Il preposto, secondo l’ordinamento italiano, è la figura che sovrintende all’attività lavorativa e garantisce l’attuazione delle direttive ricevute dal datore di lavoro, esercitando un potere d’iniziativa funzionale a tale ruolo. Il Testo Unico su salute e sicurezza nei luoghi di lavoro (D.Lgs 81/08) definisce specifici obblighi per il preposto (che può avere anche un profilo di responsabilità penale, in caso di incidente). Prevede inoltre che egli riceva una formazione adeguata per contribuire alla prevenzione dei rischi in azienda. Il mancato assolvimento di quest’obbligo formativo espone al rischio di sanzioni.

Preposto "di fatto" e "di diritto"

Il ruolo di preposto non viene necessariamente acquisito da un lavoratore per nomina esplicita del datore di lavoro. La Cassazione ha stabilito infatti l’equiparazione tra preposto “di diritto” e “di fatto” (sentenza n. 22246 del 29 maggio 2014). Il preposto “di diritto” è colui che è stato investito a svolgere le funzioni delineate dal d.lgs. n.81/08. Un lavoratore che in concreto assolve lo stesso ruolo pur non avendo ricevuto una nomina specifica è considerato invece un preposto "di fatto”. Il preposto di fatto è soggetto agli stessi obblighi dei preposti di diritto e l’inadempienza comporta le medesime sanzioni.

Profilo di responsabilità

I preposti devono vigilare sull’attività dei lavoratori per garantire che sia svolta nel rispetto delle norme di salute e sicurezza. Il compito del preposto, in ogni caso, è quello di fare applicare le norme di legge e le misure di prevenzione predisposte dal datore di lavoro. In caso di incidente, il preposto è responsabile giuridicamente se all’origine del sinistro si trova una prassi scorretta o inadempienza di cui egli era a conoscenza e della quale avrebbe dovuto impedire la prosecuzione nell’esercizio dei propri compiti di controllo.

Obbligo di formazione per preposti

La normativa prevede che il preposto debba ricevere, a cura del datore di lavoro, un’adeguata formazione e un aggiornamento periodico in materia di salute e sicurezza del lavoro che affronta i seguenti argomenti:

Nell’ambito della nostra attività di formazione per lavoratori, da anni svolgiamo corsi rivolti specificamente ai preposti. Il corso per preposti, ha validità quinquennale, con la possibilità di poter essere seguito in modalità e-learning. Per maggiori informazioni visita la sezione dedicata del nostro sito oppure contattaci. Ci trovi ad Arzignano in provincia di Vicenza.

Immagine: Freepik

Il 4 settembre è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il nuovo Decreto Privacy (D.Lgs. n. 101/2018): la legge con cui l’Italia recepisce regolamento europeo GDPR in materia di tutela dei dati personali. Il decreto, che entrerà a tutti gli effetti in vigore il 19 settembre, modifica, ma non sostituisce il Testo unico sulla privacy del 2003.

Il sistema regolatorio italiano sulla privacy, quindi, sarà composto da questi due documenti, a cui si aggiungono tutte le precedenti pronunce del Garante e le autorizzazioni generali, prolungate fino a data da destinarsi. Una giungla in cui per le aziende non è facile orientarsi.

Il nuovo decreto privacy

L’armonizzazione della legge italiana era attesa da maggio 2018, data di entrata in vigore di GDPR in tutta Europa. Su questo blog abbiamo seguito con attenzione questa fase di transizione. Perché da una parte GDPR mira a tutelare i cittadini nei confronti delle aziende (eclatante il caso Facebook). Dall’altra però rappresenta anche un adempimento non facile da applicare per le PMI, con il rischio di pesanti sanzioni.

Le sanzioni previste da GDPR

Le imprese che violano gli obblighi introdotti da GDPR (ne abbiamo già parlato in questo articolo) possono incorrere in sanzioni da 10 a 20 milioni di euro, o comprese tra il 2% e il 4% del fatturato. Inoltre il nuovo decreto privacy prevede l’applicazione di alcune fattispecie di reato del Codice Penale, come trattamento illecito, acquisizione fraudolenta, false dichiarazioni...

Nessun periodo di non-sanzionabilità

Arriviamo quindi alla cosiddetta “sospensione” delle sanzioni. L’art. 22 del nuovo decreto privacy prevede che per i primi otto mesi dalla sua entrata in vigore, il Garante per la privacy tenga conto di una “fase di prima applicazione”. Non definisce tuttavia alcun periodo di moratoria o non-sanzionabilità.

Le PMI possono comunque approfittare di questo periodo per armonizzare i nuovi obblighi coi processi aziendali. Come annunciato dal Garante infatti, i controlli inizialmente si concentreranno su aziende che gestiscono banche dati di grandi dimensioni, istituti di credito, società di telemarketing.

Semplificazione e curriculum

Il nuovo provvedimento, in ogni caso, non ignora le esigenze di semplificazione delle piccole e medie aziende. Ha affidato quindi al Garante il compito di introdurre modalità di adempimento semplificate degli obblighi previsti specificamente rivolte alle PMI.

È già nel testo del nuovo decreto privacy, invece, una norma (Art. 9) che semplifica la gestione dei dati contenuti nei curriculum vitae. In particolare, per quanto riguarda i CV inviati spontaneamente dai candidati all’azienda, l’informativa sul trattamento dei dati e l’acquisizione del consenso potrà essere consegnata dall’azienda al soggetto interessato nella prima occasione di incontro successiva alla ricezione del curriculum.

Gli obblighi previsti

Ricordiamo infine i principali obblighi che le imprese (anche PMI) sono tenute ad assolvere in base a GDPR:

Siamo a disposizione per offrirvi tutta la consulenza necessaria a mettere in regola la vostra azienda dal punto di vista della tutela dei dati e della privacy. Per qualsiasi informazione, contattaci. Ci trovi ad Arzignano, in provincia di Vicenza.

Siamo lieti di invitarvi al secondo seminario gratuito che abbiamo organizzato per il mese di marzo in collaborazione con Dasa-Rägister. Dopo il primo incontro su ISO 9001:2015, la prossima settimana spostiamo il focus su “GDPR 2016/679: il nuovo regolamento europeo sulla privacy”, a cui tutte le aziende devono adeguarsi entro il 25 maggio.

Dove e quando

Il seminario gratuito si svolgerà mercoledì 14 marzo 2018, dalle 14 alle 18, nella nostra sede di via dell’Industria 48/c ad Arzignano. Sarà l’occasione per approfondire i cambiamenti introdotti dal nuovo regolamento europeo GDPR in materia di dati personali con un esperta: la dott.ssa Virginia Basiricò, consulente specializzata in materia di privacy e risorse umane.

A chi è rivolto il seminario gratuito

L’incontro è rivolto ad imprenditori e responsabili aziendali della privacy. GDPR riguarda tutte le imprese che trattano dati personali in forma digitale o cartacea (circa il 90% del totale). Non ci sono distinzioni di dimensione (grandi aziende, PMI, studi professionali) e settore. Per le imprese non in regola, il nuovo regolamento UE prevede sanzioni fino al 4% del fatturato.

Contenuti

Come abbiamo già scritto in questo blog, GDPR sostituirà il Codice sulla privacy (la normativa vigente oggi in Italia) attribuendo nuovi obblighi alle organizzazioni e nuovi diritti ai cittadini. Scopo del seminario è illustrare l'impatto di queste novità sugli attuali sistemi di gestione della privacy. E delineare quali cambiamenti sono richiesti in concreto alle aziende.

Al termine del corso verrà rilasciato un attestato di partecipazione

Adeguarsi conviene

GDPR non è solo un obbligo, ma anche un’opportunità. Per le imprese, in effetti, adeguarsi al nuovo regolamento non serve solo ad evitare sanzioni. La svolta in materia di tutela dei dati richiede di ripensare le procedure interne. Divenendo un'occasione per renderle più sicure, efficienti e trasparenti. Adottando un nuovo approccio all’uso dei dati personali.

Per iscrizione e maggiori informazioni sui contenuti del seminario o sulla transizione verso il nuovo standard ISO 9001:2015, contattaci. Ci trovi ad Arzignano, in provincia di Vicenza.

Schede di sicurezza: cosa sono? Come utilizzarle? Dove trovarle? Quando metterle a disposizione? Di chi è la responsabilità? Si tratta di questioni non trascurabili per le aziende che utilizzano sostanze chimiche. Come vi abbiamo già ricordato, infatti, il prossimo 31 maggio termina il regime transitorio del nuovo regolamento europeo REACH. Le aziende devono quindi mettersi in regola per non incorrere in sanzioni.

Cosa sono le schede di sicurezza (SDS)

Le schede di dati di sicurezza, o SDS (Safety Data Sheet) sono il documento tecnico indispensabile per le sostanze chimiche in Europa. Secondo quanto previsto dal REACH, accompagnano ciascun prodotto lungo tutta la catena di approvvigionamento e contengono le informazioni sulle proprietà fisico-chimiche e di pericolo per l'uomo e l'ambiente necessarie per un utilizzo corretto e sicuro.

La catena delle responsabilità

Il regolamento REACH impone ai produttori/importatori di prodotti chimici di fornire ai propri clienti per ogni sostanza una scheda di sicurezza adeguata ed aggiornata, redatta nella lingua dello Stato in cui viene introdotta. Per il cliente industriale (datore di lavoro o responsabile da egli nominato) conoscere il contenuto delle SDS diventa fondamentale per assolvere ai doveri di legge. Tra i suoi obblighi ci sono infatti:

I doveri del personale di ogni azienda utilizzatrice di sostanze chimiche, infine, è quello di seguire le istruzioni d'uso impartite dai superiori e, in caso di dubbio, consultare la SDS o il responsabile della sicurezza.

Una banca dati per le SDS

Tra le schede di sicurezza in circolazione, purtroppo, ce ne sono anche di scarsa qualità. Il Ministero della salute per questo ha predisposto una banca dati di SDS. Questo database di modelli, aggiornato mensilmente, rappresenta un punto di riferimento informativo per aziende e organi di vigilanza. Per comprendere le difficoltà nell'uso delle delle SDS in vista di possibili miglioramenti, Inail, Echa e Federchimica hanno messo online in questi giorni un questionario che costituisce la prima indagine europea in materia.

Pensare al futuro

Il regolamento REACH è un esempio di come l'atteggiamento dell'Unione Europea nei confronti dell'utilizzo di sostanze chimiche sia sempre più normato e vincolato. In  questo contesto, adeguarsi ai regolamenti significa non solo mettersi al riparo dalle sanzioni. Si tratta invece di acquisire una cultura della sicurezza nell'utilizzo delle sostanze chimiche utile ad affrontare i cambiamenti futuri.

Siamo a disposizione per fornire alle aziende le indicazioni necessarie a mettersi in regola con il Reach e verificare l’adempimento di tutte le norme sul rischio chimico. Per ulteriori informazioni, o per richiedere un sopralluogo gratuito, contattaci. Ci trovi ad Arzignano, in provincia di Vicenza.

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