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Uno strumento per migliorare le performance delle aziende su tre aree rilevanti: qualità, impatto sull’ambiente, sicurezza sul lavoro. Così possiamo definire il sistema di gestione integrato che, attraverso tre certificazioni (ISO 9001, 14001 e 45001), permette alle imprese di fare un non indifferente salto di… qualità. Sebbene nascano come indipendenti, questi sistemi certificati, integrati tra loro, permettono di gestire al meglio i processi aziendali. Attraverso una formazione lunga 9 mesi, noi di e_labo abbiamo consegnato tutte e tre le certificazioni ISO all’azienda Degrocar di Arzignano (VI), distributore esclusivo dei carrelli elevatori Mitsubishi. Così facendo, Degrocar è diventata la nostra prima azienda certificata 9-14-45001. Una lavoro sinergico che merita, a nostro avviso, di essere raccontato. Ecco com’è andata.

(in)formazione: il primo passo

«I primi passi che la nostra azienda ha fatto assieme a e_labo per ottenere un sistema di gestione integrato sono stati dedicati alla formazione» racconta la commerciale Degrocar Laura Dulmieri. «Ci sono state illustrate le varie certificazioni ISO e l’iter di ottenimento, approfondendo tutti i processi che la nostra azienda avrebbe dovuto compiere».
Fari puntati sui diversi indicatori di riferimento. «Ad esempio, per l’ambiente, essendo dotati di un impianto fotovoltaico, abbiamo dovuto controllare la quantità di energia prodotta e consumata – spiega Dulmieri –. Sempre a livello ambientale, sono state incrociate le prestazioni dei mezzi utilizzati e i consumi di gasolio, calcolando gli inquinanti emessi (C02, particolato fine, eccetera)». Accanto a questi fattori, che indicano quanto un’azienda impatti sull’ambiente, vi sono indicatori per la qualità e la sicurezza sul lavoro. «In questo senso, siamo riusciti a definire un percorso ben chiaro e scritto su tutti i processi che avvengono all’interno della nostra azienda, dal commerciale fino alla vendita e assistenza».

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ISO 9001, 14001 e 45001: le tre certificazioni per far crescere un’azienda

Come abbiamo sottolineato in precedenza, un sistema di gestione integrato si ottiene grazie a tre certificazioni indipendenti tra loro ma strettamente connesse. Ma, nello specifico, cosa riguardano e quali vantaggi possono portare a un’azienda che decide di investirvi tempo ed energie?

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Sistema di gestione integrato

Sistema di gestione integrato: vantaggi tangibili

Sono molteplici i vantaggi derivanti dall’implementazione di un sistema di gestione integrato delle certificazioni ISO, su diversi fronti. Degrocar lo dimostra: «Abbiamo aumentato la nostra attenzione su aree fondamentali – conferma Dulmieri –, migliorando i processi della nostra azienda. Grazie a un unico elenco di documenti, riusciamo a formare meglio i nuovi dipendenti. Sul fronte ambientale, abbiamo ridotto il nostro impatto acquistando veicoli elettrici per i nostri rappresentanti commerciali. Inoltre, abbiamo concluso un ulteriore corso rivolto alla gestione dei rifiuti. Il nostro comportamento è più attento a tutti quei piccoli gesti che possono aiutare l’ambiente che ci circonda».
L’iter di ottenimento delle certificazioni è diventato anche occasione per accrescere la sensibilità verso la sicurezza dei lavoratori e per ripensarsi. Un esempio? «Il nostro capo officina ha un occhio di riguardo per la questione postura e sollevamento dei carichi dei colleghi. In questo senso, sono state acquistate nuove attrezzature che facilitano il lavoro e preservano la salute dei professionisti. Tutte queste procedure rendono più ordinata e produttiva la nostra attività».
Il nostro lavoro in Degrocar non finisce qui. L'azienda vicentina ci ha scelti, infatti, come suo RSPP. «Affidarsi a e_labo è stata una scelta vincente, siamo più che soddisfatti – conclude Dulmieri –. Ci sono controlli mensili per continuare il processo di sistema di gestione integrato e migliorarlo sempre di più: è una vera e propria assistenza costante».

Il 31 dicembre 2022 è una data cerchiata in rosso sul calendario. Almeno su quelli delle imprese che partecipano al trasporto di merci pericolose come speditori. Si avvicina, infatti, l’entrata in vigore dell’ADR 2023. Il nuovo dispositivo normativo sopprime la deroga 1.6.1.44 dell’ADR 2019 relativa alla nomina del consulente per la sicurezza dei trasporto di merci pericolose da parte degli speditori. Cosa fare per farsi trovare pronti alla deadline di fine anno e cosa cambia? Facciamo il punto in questo articolo, tornando anche sulla figura (preziosa) del consulente ADR.

Trasporto di merci pericolose: cosa cambia

Acronimo di Agreement concerning the International Carriage of Dangerous Goods by Road, ADR è l’accordo sul trasporto di merci pericolose. Si tratta di una normativa internazionale¹ che mira a rendere il più sicuro possibile il trasporto di merci pericolose su strada. Stabilisce che ogni impresa la cui attività comporta la spedizione o il trasporto di tali materiali, così come operazioni di imballaggio, carico, riempimento o scarico, nomini uno o più consulenti per la sicurezza dei trasporti.
Con l’entrata in vigore dell’ADR 2023, come anticipato, viene soppressa la deroga 1.6.1.44 dell’ADR 2019. Oltre alle aziende che trasportano merci pericolose, le norme saranno applicabili anche a chi effettua operazioni accessorie al trasporto. Tra le figure interessate troviamo:

Allo stesso modo, l’obbligo di nomina del consulente ADR è esteso anche alle imprese che effettuano spedizioni occasionali o trasportano quantitativi minimi di merci pericolose.

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Nomina consulente ADR: a fine anno si cambia

Novità in vista, dunque. L’ADR 2023, infatti, prevede la nomina del consulente ADR per tutte le aziende che partecipano al trasporto di merci o rifiuti pericolosi entro il 31 dicembre 2022. A partire dal 1 gennaio 2023 vigerà, infatti, l’obbligo di nomina del consulente ADR per tutti gli speditori.
Si tratta di un consueto aggiornamento biennale, previsto negli anni dispari: in effetti, l’ADR 2023 segue l’ADR 2021 e l’ADR 2019. Come nei precedenti casi, è previsto un semestre di transizione, fino all’1 luglio 2023, ma il consulente ADR risulta obbligatorio già da gennaio. Si tratta di una figura di garanzia per la tutela della sicurezza in azienda. Tanto importante che, non a caso, la sua mancata nomina può costare al legale rappresentante dell’impresa una sanzione amministrativa pecuniaria da 6.000 euro a 36.000 euro².

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consulente adr

Come deve comportarsi l’azienda

Lo speditore di merci pericolose, nonché l'impresa che spedisce merci per conto proprio o per conto terzi, ha l’obbligo di presentare al trasporto una spedizione conforme alle disposizione dell’ADR. In particolare deve:

Nel caso in cui lo speditore faccia ricorso ai servizi di altri operatori, dovrà prendere le appropriate misure affinché sia garantito che la spedizione rispetti le prescrizioni dell’ADR. La storia cambia se, invece, lo speditore agisce per conto di un terzo. In tal caso, quest’ultimo sarà tenuto a segnalare per iscritto allo speditore che si tratta di merci pericolose. Dovrà, inoltre, mettere a sua disposizione le informazioni e i documenti necessari all’esecuzione dei suoi obblighi.

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Esenzioni alla nomina del consulente ADR

Secondo quanto prescritto dall’ADR, uno speditore è esente dalla nomina del consulente ADR solo se l’autorità competente di riferimento prevede un dispositivo di legge nazionale che consente l’esenzione dalla nomina. Tuttavia, a oggi, l’autorità competente italiana non ha previsto esenzioni dall’obbligo di nomina per le aziende definite speditori di merci. Dunque, fino a quando non verrà pubblicato un dispositivo normativo in grado di definire quali aziende siano esonerate dalla nomina del consulente ADR, tutte le aziende che si configurano come speditori sono tenute a nominare un consulente per la sicurezza entro il 31 dicembre 2022.

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NOTE

¹ Per approfondire: About the ADR, Agreement concerning the International Carriage of Dangerous Goods by Road

² Fonte: Articolo 11 D.Lgs. 35/2010

È, in fondo, una questione di autofocus. Non si parla, però, di fotografia. In ambito aziendale, come sai, non è semplice occuparsi e stare al passo con tutte le norme e i requisiti legali da rispettare. Sono, infatti, tanti e i cambiamenti sono frequenti. Tuttavia, bisogna farlo: anche la minima disattenzione a livello burocratico, potrebbe tradursi in multe salate. In questo contesto, un audit della verifica della conformità normativa della propria impresa è una soluzione valida. Già obbligatorio per le certificazioni ISO 14001 e 45001, può essere svolto anche in autonomia, con il supporto di professionisti certificati.

Stiamo rispettando tutte le norme vigenti?

Come svela il nome, un audit della conformità normativa serve a verificare che un’azienda o un ente stia rispettando tutte le normative. Ci si riferisce sia alle norme del proprio settore specifico sia a quelle legate all’ambiente e al territorio. L’audit si concentra sul rispetto della legislazione vigente, dal punto di vista operativo e amministrativo.
Al termine dell’audit, un tecnico specializzato elabora un verbale riepilogativo sulle criticità rilevate. «Secondo gli obblighi di conformità – spiega Clarissa Serafini, consulente di e_labo –, l’azienda deve essere in grado di riconoscere le norme che le si applicano. Questo è facile quando si osservano le norme generali, come le autorizzazioni alle norme in atmosfera o agli scarichi idrici. Lo diventa un po’ meno quando si scende nello specifico. Per esempio, quando si parla di agibilità dello stabile, della zona paesaggistica o dell’autorizzazione delle insegne. Sono tutte norme di cui spesso non si tiene conto».

LEGGI ANCHE: Principali adempimenti ambientali per le PMI

Percorso specifico per ogni azienda

Il percorso dell’audit verifica della conformità normativa è unico per ogni azienda. Ogni settore, infatti, ha le sue peculiarità che, a livello legislativo, si traducono in esigenze diverse. In questo senso, il ruolo (cruciale) dell’operatore è valutare caso per caso le necessità dell’azienda. «Un conto è occuparsi di un’azienda conciaria, i cui obblighi a livello di sicurezza riguardano perlopiù estintori e uscite di emergenza – sottolinea Serafini –. Discorso diverso è se, per esempio, l’azienda si occupa di materiale esplosivo. In questo caso, esistono sicuramente più prescrizioni che devono essere controllate. Ma non parliamo solo di casi estremi. Già avere una caldaia richiede un controllo delle emissioni che rientra nella conformità normativa». Insomma: aziende diverse, analisi differenti.

Perché realizzare un audit di verifica della conformità normativa

Vi sono molte ottime ragioni per realizzare un audit di verifica della conformità normativa. Tra le principali, possiamo ricordare che:

«Nell’industria conciaria – evidenzia Serafini –, sta spopolando la certificazione LWG, che all’interno contiene una serie di domande che ricalcano i concetti di sostenibilità. Frequentemente ci troviamo a gestire questi argomenti con le aziende, anche se queste non sanno bene di cosa parliamo. Un discorso simile può essere fatto sul fronte della sicurezza, con i vari obblighi del D.Lgs. 81/2008 che spesso non sono conosciuti a fondo e nella loro totalità. È essenziale, invece, avere un’idea chiara e completa della situazione normativa: anche la più piccola dimenticanza, apparentemente insignificante, può tradursi in una multa salata».

LEGGI ANCHE: Certificazione LWG: che cos’è e come ottenerla

audit di verifica della conformità normativa

Un esempio di check list

Ma, nel concreto, in cosa consiste un audit di verifica della conformità normativa? Si tratta di un esame documentale che dura qualche giorno. Il punto di partenza è una check list, analoga a quella che trovi qui sotto. Questo strumento operativo aiuta l’operatore a verificare che tutti i requisiti siano rispettati, per poi realizzare un registro. La checklist riporta tutti gli adempimenti e le scadenze: dalla redazione del DVR e del DUVRI alla nomina di RSPP e addetti antincendio; dalla formazione generale e specifica sulla sicurezza dei lavoratori alla valutazione del rischio da stress lavoro correlato, solo per fare degli esempi.

Esempio di checklist per audit di verifica della conformità normativa

Requisiti  Legislazione Ambientale C NC NA Riferimenti azienda
1 Consumi energetici

Legge ordinaria del Parlamento n° 10 del 09/01/1991

2 Nomina del tecnico responsabile per la conservazione e l’uso razionale dell’energia (energy manager)
3 Comunicazione annuale
Prelievi idrici
4 In atto misure per l’eliminazione degli sprechi, l’incremento del riciclo e del riutilizzo, la riduzione dei consumi
5 Concessione approvvigionamento idrico autonomo
6 Denuncia pozzi
7 Denuncia annuale dei prelievi
8 Pagamento canone annuo per utenze di acqua pubblica
9 Installazione apparecchiature per la misura delle portate
Emissioni in atmosfera
10 Disponibile elenco aggiornato delle emissioni (identificazione e origine) e dati sulle caratteristiche degli effluenti e degli impianti di abbattimento
11 Richiesta di autorizzazione per emissioni da impianti nuovi, esistenti, modificati sostanzialmente, trasferiti
12 Autorizzazione emissioni
13 Procedura semplificata per emissioni a ridotto inquinamento
14 Comunicazione emissioni a inquinamento poco significativo
15 Rispetto dei limiti e delle prescrizioni dell’autorizzazione
16 Appartenenza a una delle 54 tipologie di impianto dell’all.2 del DM 12/7/90
17 Impiego di metodi di campionamento, analisi e valutazione delle emissioni indicati nell’all.4 del DM 12/7/90
18 Misurazione emissioni con sistemi di rilevamento in continuo
19 Limitazione di emissioni diffuse (movimentazione e stoccaggio materie prime/prodotti, tenuta giunzioni, flange, guarnizioni, gestione solventi organici volatili)

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Manca poco al 21 maggio. È la data entro la quale va presentato il Mud 2022. Un appuntamento da segnare in calendario. Peraltro, con il D.P.C.M. 17 dicembre 2021¹, il Modello unico di dichiarazione ambientale, è stato nuovamente modificato. Ecco allora tutto quel che c’è da sapere sul Mud 2022: scadenza, novità e modalità di compilazione della dichiarazione riferita ai dati 2021.

Mud 2022: scadenza e come presentarlo

Come anticipato in apertura, il Mud 2022 va presentato entro il 21 maggio 2022. Perché proprio entro questa data? Il motivo sta nella data di pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, avvenuta lo scorso 21 gennaio, con il termine ultimo fissato dopo 120 giorni dalla stessa.
Il modello unico di dichiarazione ambientale deve essere inviato online da tutti i soggetti obbligati tramite il sito MudTelematico. I produttori di rifiuti che devono dichiarare fino a un massimo di 7 rifiuti possono scegliere di presentare la comunicazione semplificata in modalità PDF. Questa dev’essere inviata tramite PEC all’indirizzo comunicazionemud@pec.it.

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Cos’è il Mud

Prima di concentrarci sulle novità del Mud 2022, un piccolo riepilogo. Il Mud, acronimo di Modello unico di dichiarazione ambientale, è una comunicazione annuale che enti ed imprese devono presentare. Questa serve a indicare la quantità e la tipologia di rifiuti prodotti o gestiti nel corso dell’anno precedente. La dichiarazione Mud va compilata sulla base dei dati inseriti nel registro di carico e scarico di cui all’articolo 190 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152. Unica eccezione è la scheda Materiali, sulla quale dove devono essere riportati i quantitativi prodotti dei singoli materiali rientranti nella definizione di "end of waste" o di materiali secondari. Nello specifico, il Mud si articola in 6 comunicazioni, che identificano le tipologie di rifiuti per cui è necessario presentare il modello. Ovvero:

LEGGI ANCHE: Novità sul deposito temporaneo ed i rifiuti pericolosi nel decreto 116/2020

Fonte: Freepik

Chi ha l’obbligo di presentare la comunicazione rifiuti?

La presentazione della maggior parte delle comunicazioni spetta a specifici enti di riferimento. Discorso diverso per la comunicazione rifiuti. Secondo l’allegato 1 al D.P.C.M. del 17 dicembre 2021, sono obbligati a presentare la comunicazione rifiuti del Mud 2022:

Occhio alle multe: sono previste sanzioni da 26€ a 160€ per una comunicazione inviata entro il 60° giorno dalla scadenza del termine stabilito. Si sale, da 2.000€  a 10.000€, in caso di comunicazione non effettuata o fatta in modo incompleto o inesatto.

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Mud 2022: cambiano le schede

Le principali modifiche al Mud 2022 riguardano principalmente due schede. Nello specifico, nella sezione anagrafica viene inserita una nuova scheda denominata Riciclaggio. Questa deve essere compilata solamente da alcuni soggetti. Ovvero coloro che effettuano operazioni di preparazione per il riutilizzo e/o riciclaggio finale sui rifiuti urbani e/o rifiuti di imballaggio. Oppure su rifiuti derivanti da pretrattamenti di rifiuti urbani e/o rifiuti di imballaggio anche di provenienza non urbana. Questi possono produrre materie prime seconde, end of waste, prodotti e materiali dall'attività di recupero.
L’altra novità riguarda la scheda CG – Costi di gestione della Comunicazione Rifiuti Urbani, oggetto di revisione. Ciò per garantire una maggiore facilità nella compilazione. In particolare, è stata data la possibilità di inserire valori con tre cifre decimali e valori negativi ad alcune voci. In caso di dubbi, si può consultare la sezione dedicata al Mud sul sito delle Camere di Commercio.

Le altre novità

Le novità nel Mud 2022 non si limitano, però, solo alle schede. Per esempio, sono stati inseriti nuovi soggetti nell’elenco di quelli tenuti alla presentazione e compilazione della Comunicazione Rifiuti Urbani. Nello specifico, coloro che si occupano della raccolta di rifiuti urbani conto terzi presso le utenze non domestiche. Questi sono chiamati a compilare alcune parti della Comunicazione. In particolare il "modulo RT- non Pub allegato alla scheda RU.
Nel Mud 2022 sono state apportate, inoltre, integrazioni alle istruzioni. Focus, in particolare, sulle indicazioni per la compilazione delle nuove schede implementate e per chiarire meglio la definizione riguardante i rifiuti urbani.

NOTE

¹ Per approfondire: Decreto del presidente del Consiglio dei ministri 17 dicembre 2021, Approvazione del modello unico di dichiarazione ambientale per l’anno 2022.

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Dal 1° gennaio 2021 le schede di dati di sicurezza (SDS) devono essere adeguate alle nuove regole europee sul rischio chimico. Il regolamento della Commissione Ue n. 878/2020 modifica, infatti, l’allegato II al REACH. In questo articolo vedremo insieme cos’è una scheda di dati di sicurezza e le principali novità che saranno introdotte nelle nuove SDS.

SDS: di cosa si tratta

Le schede di dati di sicurezza, o SDS (Safety Data Sheet) sono il documento tecnico indispensabile per le sostanze chimiche in Europa. Secondo quanto previsto dal regolamento REACH, accompagnano ciascun prodotto lungo tutta la catena di approvvigionamento. Contengono, inoltre, le informazioni sulle proprietà fisico-chimiche e di pericolo per l’uomo e l’ambiente necessari per un utilizzo corretto e sicuro.

Lo scorso 18 giugno 2020, con la pubblicazione del regolamento della Commissione Ue n. 878/2020, è stato modificato l’allegato II al REACH. Questo nuovo provvedimento si applicherà a decorrere dal 1° gennaio 2021. Le SDS non conformi a questo nuovo regolamento possono continuare, in deroga, ad essere fornite fino al 31 dicembre 2022.

Gli obblighi degli utilizzatori a valle

Gli utilizzatori a valle dei prodotti chimici hanno diversi obblighi. Il primo è verificare di essere in possesso di SDS aggiornate e se l’uso che intende fare della sostanza o del preparato rispecchia quanto riportato sulla SDS stessa e/o gli scenari di esposizione previsti

Gli utilizzatori a valle devono, inoltre, essere in possesso di una dichiarazione emessa dai fornitori di sostanze e prodotti chimici da cui risulti che essi sono al corrente dei propri obblighi, adempiano agli stessi e operino conformemente al regolamento REACH.
La mancata fornitura della Scheda di sicurezza è punita con sanzioni da 10.000 a 60.000 euro così come per la mancata redazione dei Rapporti di sicurezza chimica (Chemical Safety Report, CSR) da parte dell’utilizzatore di sostanze chimiche. Inoltre, sono previsti da 15.000 a 90.000 euro per il datore di lavoro che non rende accessibili ai lavoratori SDS e informazioni equivalenti.

Perché un cambiamento

L’allegato II al REACH è stato aggiornato nelle nuove SDS per diverse ragioni, tra cui: 

Le novità delle nuove SDS

Nelle nuove SDS sono previste diverse modifiche rispetto al modello precedente. Queste riguardano i seguenti ambiti:

Per quanto riguarda l’ambito “Composizione/informazioni sugli ingredienti” modificata nelle nuove SDS, viene fatta una distinzione tra le sostanze e le miscele. Tra le altre cose concernenti le sostanze, devono essere indicati, se disponibili, il limite di concentrazione specifico e il “fattore M” (fattore moltiplicatore).

Se la sostanza in questione è registrata e riguarda una nanoforma, devono essere indicate le caratteristiche delle particelle che la specificano. Infine, se la sostanza non è registrata, ma la SDS interessa nanoforme le cui caratteristiche delle particelle incidono sulla sicurezza della sostanza, occorre indicare tali caratteristiche.

Proprietà fisiche e chimiche

Questa sezione delle nuove SDS descrive i dati empirici relativi alla sostanza o miscela, se pertinenti. Queste informazioni devono essere coerenti con quelle fornite nella registrazione o nella relazione sulla sicurezza chimica, ove prescritta, nonché con la classificazione della sostanza o della miscela. 

Nel caso di una miscela, se le informazioni non si applicano alla miscela totale, le voci devono indicare a quale sostanza della miscela si riferiscono i dati. 

Le proprietà devono essere chiaramente identificate e riportate nelle unità di misura appropriate.

Le principali proprietà da riportare su ciascuna SDS sono:

Informazioni tossicologiche

Nelle nuove SDS per le sostanze identificate come aventi proprietà di interferenza con il sistema endocrino nella sottosezione 2.3, quando disponibili, devono essere fornite informazioni sugli effetti avversi per la salute causati da tali proprietà. Queste informazioni vanno ricavate dall’applicazione dei criteri di valutazione stabiliti nei corrispondenti regolamenti [(Ce) n. 1907/2006, (Ue) 2017/2100, (Ue) 2018/605], pertinenti ai fini della valutazione delle proprietà di interferenza con il sistema endocrino per la salute umana. Le altre informazioni sugli effetti nocivi per la salute devono essere incluse anche quando non siano richieste dai criteri di classificazione.

Informazioni ecologiche

Per quanto riguarda le sostanze identificate come aventi proprietà di interferenza con il sistema endocrino, se disponibili, devono essere fornite informazioni sugli effetti avversi sull’ambiente causati da suddette proprietà. Le informazioni derivano dall’applicazione dei criteri di valutazione stabiliti nei corrispondenti regolamenti [(Ce) n. 1907/2006, (Ue) 2017/2100, (Ue) 2018/605], pertinenti ai fini della valutazione delle proprietà di interferenza con il sistema endocrino per l’ambiente.

Siamo a disposizione per supportare le aziende nella verifica degli adempimenti previsti dal regolamenti europei REACH e CLP sul rischio chimico, tra cui quelli in materia di SDS. Per ulteriori informazioni, o per richiedere un sopralluogo gratuito, contattaci. Ci trovi ad Arzignano, in provincia di Vicenza.

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