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Lavorando quotidianamente con molte aziende, piccole e grandi, ci siamo accorti di quanto il benessere organizzativo sia un trend topic. O, meglio, dovrebbe esserlo. Un ambiente di lavoro sano e stimolante, in cui i dipendenti si sentono valorizzati, coinvolti e motivati a dare il loro miglior contributo, conviene a tutto tondo. Questo concetto abbraccia una serie di elementi fondamentali, tra cui la gestione del tempo, l’organizzazione e gestione delle risorse umane, la promozione dell’equilibrio tra vita professionale e personale.
In un mondo in continua evoluzione, le aziende sono costantemente chiamate a fronteggiare nuove sfide e ad adattarsi a un mercato sempre più competitivo. In questo contesto, la formazione continua dei lavoratori gioca un ruolo fondamentale per garantire la competitività e lo sviluppo sostenibile delle aziende. Non si tratta solo di essere sempre aggiornati su aspetti tecnici, legislativi e normativi, ma anche sulle cosiddette life skills.

Life skills: apprendimento continuo per affrontare le sfide sul lavoro

Sempre più ci rendiamo conto di quanto l’apprendimento permanente sia essenziale per far fronte alle sfide mutevoli del panorama professionale moderno. Le aziende devono fornire ai propri collaboratori sia le competenze necessarie per adattarsi alle nuove tecnologie e all’evoluzione delle normative, sia sviluppare le cosiddette life skills. Si tratta di quelle abilità personali e sociali che consentono ai professionisti di affrontare lo stress, lavorare in team e pianificare e organizzare il proprio lavoro con efficacia. Ma anche rapportarsi con i clienti nel giusto modo. Tra queste troviamo:

Arricchiscono il menù la capacità di pianificare obiettivi e attività in modo strutturato e l’abilità di analizzare situazioni complesse, riuscendo a prendere decisioni in autonomia. Un aspetto non proprio secondario. Tant’è che gli esperti evidenziano proprio come le life skills rappresentino un nodo critico del mancato incontro fra domanda e offerta di lavoro. Questo perché devono essere allenate costantemente. L’imprenditore valuta e ricerca le life skills nei propri collaboratori, poiché sono essenziali per raggiungere elevati standard di performance e promuovere un ambiente di lavoro armonioso e motivante.

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Formarsi bene per formare meglio: la nostra esperienza

In quest’ottica, noi di e_labo abbiamo scelto di metterci in gioco. Del resto, in questi primi vent’anni siamo cresciuti e cambiati molto. Negli ultimi mesi, siamo stati affiancati da Francesca Viperli, consulente risorse umane, che ci ha supportati in un avvincente percorso di consulenza e formazione che ha coinvolto tutto il nostro team. Abbiamo osservato e ci siamo osservati, raccogliendo le varie sfide proposte, per migliorare i nostri processi interni e rafforzare la comunicazione di gruppo. Formarsi bene per formare meglio, insomma, alzando sempre più l’asticella qualitativa della nostra offerta.

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Organizzazione e gestione delle risorse umane e non solo: nuove opportunità formative 

Da questa esperienza, sempre in collaborazione con Francesca Viperli, sono nate nuove opportunità formative per i nostri clienti. Organizzazione e gestione delle risorse umane, ma non solo. Nello specifico:

Non solo corsi multiaziendali. Spazio anche a percorsi personalizzati di consulenza e formazione per accrescere le competenze organizzative e relazionali in azienda. Sono previsti un incontro preliminare di analisi dei bisogni, monitoraggio in itinere e follow-up di valutazione a distanza di un mese.

Vuoi saperne di più?
Contattaci per ricevere la brochure delle nostre proposte formative per la competitività, l’organizzazione e gestione delle risorse umane e il link del webinar dello scorso maggio.
Altri ne seguiranno:
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Continue urgenze, vere o presunte. Scarsa programmazione. Lavoro altalenante e disuniforme. Sono solo alcuni dei fattori che rendono difficile reggere la pressione sul lungo periodo negli ambienti di lavoro. Se il tutto, poi, è condito da una pandemia, la situazione non migliora e, anzi, rischia di peggiorare. Con tutto quel che ne consegue. Conviene, dunque, riflettere su un tema di rilievo spesso sottovalutato: il benessere mentale dei lavoratori. Ma di cosa si tratta esattamente? Lo scopriamo in questo articolo, approfondendo le insidie che minacciano l’equilibrio mentale in ambito professionale.

Benessere mentale: di cosa si tratta?

L’Organizzazione mondiale della sanità identifica il benessere mentale come parte integrante della salute dell’individuo. Sono incluse dimensioni psichiche, fisiche e sociali: tre aspetti che operano sinergicamente tra loro. Si deve, insomma, parlare non solo di benessere fisico ma anche di salute psichica.
È importante prestare la giusta attenzione al tema. Proprio il (mancato) benessere psicologico risulta, infatti, essere tra le cause principali che portano le persone a lasciare un posto di lavoro. E sono sempre di più a farlo. Una questione attuale che si lega al fenomeno della cosiddetta great resignation. Con la pandemia, molti hanno avuto l’occasione di interrogarsi e riflettere sulla propria vita, il proprio lavoro e il livello di benessere percepito. E questa nuova consapevolezza, in molti casi, ha portato a un elevato numero di dimissioni dal posto di lavoro. Quanti? Tra aprile e maggio 2021, il numero di dimissioni in Italia è cresciuto dell’85% rispetto all’anno precedente¹. Allargando lo sguardo ai primi nove mesi del 2021, un rapporto Area Studi Legacoop-Prometeia parla di un +31% sul 2020 di dimissioni volontarie. In totale, oltre 1,3 milioni di persone hanno scelto di lasciare volontariamente il proprio lavoro nel nostro Paese.

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Il luogo di lavoro, tra sicurezza psicologica e positività tossica

L’ambiente di lavoro si dimostra un luogo ancora poco adatto per esprimere il proprio malessere emotivo. È quanto emerge da una recente ricerca di BVA Doxa per Mindwork². Metà dei professionisti interpellati non si sente libera di dichiarare il proprio malessere. Il problema è che 3 lavoratori italiani su 4 sperimentano quotidianamente ansia e stress³. Molte aziende promuovono azioni dirette per aumentare il benessere dei propri lavoratori. Di norma si punta, però, su flessibilità e benefit economici. Sono ancora poche le iniziative volte a sostenere il benessere psicologico dei singoli.
Di fatto, dunque, la salute psicologica fatica a essere normalizzata nel contesto aziendale, nonostante da più parti sia avvertita e indicata come una necessità urgente. Si parla, in questo caso, di mancanza di sicurezza psicologica, ovvero quel senso di tranquillità nell’esprimere preoccupazioni, idee e difficoltà senza il timore di essere ignorati o giudicati. La situazione non migliora se ci si mette pure la positività tossica. Si tratta di una condizione che porta a ostentare ottimismo e benessere mentale a tutti i costi, anche quando le emozioni provate sono opposte. Frasi come “Andrà tutto bene”, “Vedrai che passa” non fanno altro che rafforzare la tendenza a mostrarsi sempre positivi, non lasciando spazio alle emozioni reali. Una finzione che sul lavoro, prima o poi, presenta il conto.

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Malessere sul lavoro: cause ed effetti

Quali sono, quindi, comportamenti e atteggiamenti in grado di favorire condizioni di malessere? Malgrado non sia possibile fare un inventario preciso di fattori che concorrono a generare stress, sono stati individuati alcuni stimoli che contribuiscono ad accrescerlo. Tra questi:

Anche una comunicazione inadeguata ha il suo peso. L’assenza o scarsa chiarezza nella definizione di obiettivi, responsabilità e ruoli minano l’autostima decisionale.

Come promuovere un ambiente professionale più sano

Tutelare il benessere mentale dei lavoratori diventa essenziale. Anche perché questi ultimi sono alla continua ricerca di:

Le persone desiderano ambienti che si prendano cura delle loro esigenze e che promuovano un clima positivo al loro interno. Nel dettaglio, 9 lavoratori italiani su 10, per BVA Doxa-Mindwork, vogliono che la loro azienda si occupi attivamente del benessere psicologico dei dipendenti. Il report 2021 della società di consulenza Mercer⁴ evidenzia che i datori di lavoro che dimostrano di interessarsi hanno il vantaggio di creare una forza lavoro più resiliente e leale.
Non solo un dovere, ma anche un’opportunità e un investimento per il management. Favorire una cultura organizzativa a misura di persona, che permetta di sentirsi al sicuro anche dal punto di vista del benessere mentale, porta notevoli vantaggi a un’impresa. Si contrasta il rischio dimissioni, si riduce l’assenteismo, si fa squadra.

NOTE

¹ Fonte: ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.

² Per approfondire: ricerca BVA Doxa per Mindwork.

³ Secondo l’Accordo Europeo sullo stress lavoro correlato del 2004, lo stress è "una condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale”.  Può interessare potenzialmente ogni luogo di lavoro e ogni lavoratore. In Italia, il vigente quadro normativo, costituito dal d.lgs. 81/2008 e s.m.i., obbliga i datori di lavoro a valutare e gestire il rischio stress lavoro-correlato al pari di tutti gli altri rischi, in recepimento dei contenuti dell’Accordo europeo.

Health on demand, Mercer.

Non si vede, ma si fa sentire. Parliamo della mindfulness. Ce ne siamo già occupati in un precedente articolo. Torniamo sull’argomento perché la tematica si sta rivelando sempre più importante e decisiva a livello professionale. Anche a causa dell’incertezza e dei turbamenti che la pandemia ha portato con sé.

Mindfulness, i benefici in azienda

Cercando la parola mindfulness su un comune dizionario d’inglese si trova, come definizione: attenzione, cosciente, consapevolezza. Si tratta, in effetti, di un insieme di pratiche che indirizzano la mente verso il qui e ora. Di norma, infatti, facci caso, tendiamo a pensare al passato o al futuro. Qui, invece, il focus è sul momento che si sta vivendo. Potremmo definirlo un modo per essere presenti, in tutti i sensi. Jon Kabat-Zinn, tra i pionieri della concezione moderna della mindfulness, descrive la mindfulness come “il prestare attenzione al momento presente con intenzione e in modo non giudicante”.
La mindfulness non è un’invenzione recente. È una pratica antica, che affonda le sue radici nella tradizione buddista indiana. Sul lavoro, è un valido elemento prezioso. Non aiuta, infatti, solo a focalizzarsi sul qui e ora. Migliora la memoria e la concentrazione. Abbassa, inoltre, il rischio di stress lavoro-correlato e aiuta a contrastare lo stress da pandemia. E aiuta a diminuire la possibilità che si verifichino degli incidenti.

Perché parlare di mindfulness sul lavoro

Parlare di mindfulness è, dunque, molto importante in azienda. Molti infortuni sul lavoro accadono, infatti, perché non siamo presenti in quel che stiamo facendo. Lo stesso vale durante il tragitto che ci porta sul luogo di lavoro. Magari abbiamo inserito, come si suol dire, il “pilota automatico”. È ciò che succede quando facciamo una cosa a cui siamo abituati. La facciamo senza pensarci. Questo, in alcuni casi, può essere molto pericoloso: pensiamo, per esempio, all’uso di macchinari pesanti o alle attività di manutenzione. Cercare di concentrarsi e fare attenzione al momento presente staccando questo pilota automatico ci mette in condizione di evitare errori e di essere maggiormente pronti a un pericolo imminente. Promuovere la mindfulness in azienda, dunque, non solo migliora il benessere personale e il clima lavorativo. Vuol dire anche contribuire a ridurre la possibilità che si verifichino incidenti e infortuni.

Intelligenza emotiva e mindfulness

Fermarci, concentrarci e osservare il presente ci aiuta, inoltre, a focalizzarci sulle nostre emozioni. Queste hanno un forte impatto sul clima organizzativo (e anche sui risultati) di un’azienda. Qui entra in gioco l’intelligenza emotiva. Ovvero la capacità di riconoscere le emozioni proprie e degli altri in modo da guidare nel modo migliore i propri comportamenti. In ambito lavorativo, l’intelligenza emotiva si lega alla mindfulness in quanto aiuta a saper:

Sia l’intelligenza emotiva sia la mindfulness, in pratica, aiutano a creare un ambiente di lavoro favorevole, migliorando anche la produttività.

Mindfulness sul lavoro: ecco come fare

Nel nostro articolo precedente sul tema ti abbiamo già presentato la tecnica dello S.T.O.P.:

Non è, tuttavia, l’unico modo per praticare la mindfulness sul luogo di lavoro. Un’altra soluzione possibile è il cosiddetto grounding. Si tratta di una tecnica di rilassamento che coniuga respirazione e immaginazione. Il tutto per sentirsi “radicati”, cioè in un contatto più diretto con il nostro corpo, traendo energia da questa consapevolezza.
Un’ulteriore tecnica che possiamo adottare è quella di esercitare i cinque sensi per descrivere cose a cui solitamente non si fa caso. Come il sapore del caffè o la luce che crea giochi d’ombra inaspettati sulla parete dell’ufficio o sulla scrivania. In questo modo torneremo a concentrarci sul qui e ora. Presenti, appunto, in tutti i sensi.

Foto: Freepik

Ti sei mai accorto di lavorare o fare qualsiasi altra cosa senza essere veramente attento a ciò che stai compiendo? Ti sei mai sentito sopraffatto dalle cose da fare senza riuscire a pensare a quello che stai facendo? Vivi un momento particolarmente stressante a causa dell’ansia per il futuro? (Una condizione più frequente in questo periodo a causa delle incertezze create dalla pandemia e dall’impatto dello smart working).
Se è così, potrebbe esserti utile la pratica della “mindfulness”. Questa parola inglese significa “consapevolezza” e indica una metodologia meditativa che negli ultimi anni si è sviluppata anche in ambito aziendale. In questo post vedremo insieme di che cosa si tratta e come può aiutare a migliorare il rendimento dei lavoratori e creare un clima più positivo e produttivo e combattere lo stress.

Cos’è la mindfulness

L’idea della mindfulness risale a oltre 2500 anni fa e affonda le sue radici nella tradizione buddista indiana. Deriva dal concetto di “Sati”, che si può tradurre con “attenzione consapevole”. Tale parola rimanda, inoltre, al verbo “sarati”, che significa ricordare. In particolare, ricordarsi dei propri pensieri e comportamenti e delle loro conseguenze sulle persone. 

La concezione moderna della mindfulness nasce negli anni ‘70 con Jon Kabat Zinn, fondatore dell’uso clinico moderno di questo metodo. Egli la definisce come “il processo di prestare attenzione intenzionalmente allo scorrere dell’esperienza nel presente, momento dopo momento”. 

La mindfulness, in sintesi, è uno stato mentale verso il momento che si sta vivendo. Bisogna però fare attenzione a non confonderla con altre pratiche. La mindfulness, per esempio:

I benefici della mindfulness in azienda

La mindfulness, praticata attraverso esercizi concreti, oltre a far focalizzare sul momento presente, aiuta a migliorare la memoria, la concentrazione e la collaborazione. Stimola anche il pensiero creativo, aumenta l’autostima e migliora la qualità del sonno. La mindfulness viene usata a volte nel trattamento di stati psicopatologici, ma sempre più spesso viene introdotta nelle aziende per migliorare le performance ed il clima lavorativo. Ad esempio per:

Come praticarla

In pratica, come si può usare la mindfulness sul posto di lavoro? Un esercizio che tutti possiamo mettere in atto senza muoverci dalla nostra postazione e nel tempo di una pausa caffè è quello cosiddetto dello “S.T.O.P.”. Un acronimo inglese che riunisce le quattro indicazioni per entrare in contatto con il momento presente.

Imparare ad utilizzare correttamente metodi come questo è un aiuto a superare i momenti in cui disperdiamo l’attenzione perdendo di vista il qui ed ora. Attraverso dei percorsi di formazione esperienziale condivisa tenuti da esperti è possibile aiutare i team aziendali a sfruttare al meglio i benefici della mindfulness sul lavoro.

Siamo a disposizione per darti maggiori informazioni e proporre un’attività formativa su misura per la vostra azienda. Ci trovi ad Arzignano, in provincia di Vicenza.

Photo by Greg Rakozy on Unsplash

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