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Il magazzino è un reparto centrale in azienda. Lo abbiamo già sottolineato in un precedente articolo. La sua corretta gestione è, dunque, di vitale importanza. Come pure la verifica delle scaffalature. Sapevi che quelle leggere, tra cui le scaffalature da magazzino, non sono considerate attrezzature di lavoro? Fanno parte dell’arredo dell’azienda e sono da controllare periodicamente per evitare possibili criticità. Ecco tutto quel che c’è da sapere.

La verifica delle scaffalature è un obbligo 

Le scaffalature presenti nel magazzino di un’azienda con il tempo possono usurarsi. Ogni giorno, del resto, sono messe a dura prova dal peso della merce. Vanno, inoltre, considerati il picking (il prelievo parziale di materiali) e lo stoccaggio tramite carrelli elevatori. Ecco perché la manutenzione periodica e la verifica delle scaffalature assumono grande rilievo. Questo per controllare lo “stato di salute” degli arredi e per salvaguardare la salute e la sicurezza del personale. Una deformazione degli elementi verticali dovuta a urti accidentali con forche può, per esempio, modificare la sezione del montante. Si crea, così, un’anomala distribuzione dei pesi sullo scaffale, con il rischio di superamento del limite di portata e di cedimenti.

La verifica delle scaffalature non è solo una buona prassi: è un obbligo stabilito dalla legge. Ne parlano, tra gli altri:

Le principali fonti di pericolo per le scaffalature

Sono molteplici le fonti di pericolo per le scaffalature. In primis, una progettazione inadeguata della struttura. Anche il sovraccarico e la corrosione delle strutture possono, però, contribuire a possibili cedimenti degli arredi. Da considerare è anche il tema manutenzione. Sostituzioni non tempestive, ricambi non adeguati, verifiche e controlli insufficienti possono rappresentare potenziali fonti di rischio per la sicurezza dei lavoratori.
La verifica delle scaffalature è, dunque, un’azione di prevenzione. Consente di ridurre al minimo rischi e danni a persone e strutture, assicurando un funzionamento più sicuro del magazzino. Una sfida che passa anche attraverso la corretta formazione del personale.

Verifica scaffalature: ogni quanto va fatta?

La norma UNI EN 15635 stabilisce che l’utilizzatore del magazzino debba far verificare le scaffalature durante l’arco di vita delle stesse. Tale operazione, condotta da personale qualificato e indipendente, va fatta a intervalli non superiori a un anno.
Al termine della verifica delle scaffalature, viene rilasciata un’apposita relazione con osservazioni e azioni da intraprendere per ridurre al minimo i rischi. Nel resoconto viene riportata la valutazione e la classificazione dei danni suddivisa in 3 livelli: 

La relazione costituisce la prova della regolare verifica e corretta manutenzione delle scaffalature. Deve essere conservata dall’azienda ed esibita in caso di ispezioni da parte dell’autorità competente.

Come si controllano le scaffalature 

Nel dettaglio, la verifica delle scaffalature viene fatta da personale qualificato con un controllo visivo delle strutture. Si identificano le non conformità riconducibili a danni dei vari elementi, ma anche eventuali problemi e difetti di progettazione. Vengono, inoltre, effettuati rilievi come quello delle tolleranze di montaggio, di verticalità delle strutture e degli spazi di manovra. Si verificano, ancora, la presenza e la correttezza delle tabelle di portata.
Come abbiamo visto, le non conformità sono classificate secondo livelli di danno e di rischio. Perché siano efficaci, la verifica e la manutenzione delle scaffalature devono essere, dunque, periodiche. Non a caso, la norma UNI EN 15635 specifica che va redatto un piano di ispezioni periodiche. Inoltre, l’utilizzatore deve nominare il PRSES. Sarà quest’ultimo a stabilire, tra l’altro, la frequenza delle operazioni di controllo in base alle condizioni operative.

PRSES: chi è costui?

PRSES sta per Person responsible for storage equipment safety. Tradotto: è il responsabile della sicurezza dell’attrezzatura di immagazzinaggio. Insomma, una figura chiave all’interno del sistema azienda, al pari del RSPP e del preposto. Il suo compito è verificare che le attrezzature siano in buone condizioni e che i metodi di lavoro degli operatori siano sicuri. Deve, inoltre, garantire che le ispezioni dei sistemi di stoccaggio avvengano a intervalli regolari e mantenere un registro delle stesse. Una figura, quindi, di grande rilievo. Anche perché una buona (e sicura) gestione del magazzino ha buone conseguenze sul business. E, perché sia buona ed efficiente, non si può improvvisare. 

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Siamo a disposizione per un primo sopralluogo gratuito nel tuo magazzino.

Partono i controlli sull’attuazione da parte delle aziende e dei professionisti del regolamento GDPR, il Regolamento Generale sulla Protezione dei Dati. La Deliberazione del 6 febbraio 2020, sancisce l’attività ispettiva di iniziativa curata dall'Ufficio del Garante, anche per mezzo della Guardia di finanza. In questo post vedremo come avvengono i controlli relativi alle norme sulla privacy e come prepararsi, quali sono le aziende soggette agli accertamenti ispettivi e quali sono i documenti maggiormente richiesti.

Come avvengono i controlli GDPR

Gli accertamenti ispettivi sono condotti dal Nucleo Speciale Privacy della Guardia di Finanza e, nei casi più gravi, da funzionari del Garante i quali procedono personalmente alle ispezioni. Le ispezioni possono essere annunciate tramite comunicazione a mezzo PEC, spesso il giorno prima dell’ispezione stessa, ma possono anche avvenire a sorpresa. Per questo motivo è opportuno individuare i soggetti preposti alla gestione degli ispettori.
Le attività ispettive possono scaturire sia a seguito di una segnalazione da parte di uno o più soggetti interessati, o d’ufficio, su iniziativa del Garante. Durante suddetti controlli verrà richiesto di comprovare l’accountability, ossia dimostrare di aver attuato misure opportune, efficaci e adeguate per salvaguardare i dati personali trattati. In fase di controllo del Garante, infatti, l’azienda deve saper dimostrare, in maniera logica e documentata, quanto fatto per adempiere alla normativa sulla protezione dei dati personali.

Come prepararsi ai controlli GDPR

È segno di “accountability” che le figure aziendali deputate a relazionarsi con gli ispettori siano pronte al momento dei controlli GDPR, che in genere durano tra i 2 e i 3 giorni. I soggetti in questione saranno: 

Ecco alcuni consigli pratici per affrontare al meglio un’eventuale ispezione:

I documenti richiesti

In un articolo precedente, abbiamo affrontato il tema dei documenti da produrre per la GDPR. Durante un’ispezione privacy vengono, in genere, richiesti i seguenti documenti:

Sanzioni

Nel 2019 le sanzioni legate alle violazioni del GDPR hanno sfiorato i 16 milioni di euro. L’ammontare della multa è calcolato in percentuale rispetto al fatturato globale annuo mondiale di chi tratta i dati e colpiscono anche le grandi piattaforme e società nordamericane che trattano i dati degli europei. Infatti, il regolamento GDPR viene applicato anche a società che non hanno sede in Unione Europea. Le sanzioni terranno conto dei seguenti fattori:

Le violazioni si dividono in due macro categorie. Esse comprendono:

Siamo a disposizione per offrirvi tutta la consulenza necessaria a mettere in regola la vostra azienda dal punto di vista della tutela dei dati e della privacy in vista dei controlli GDPR, in particolare per dotarvi delle procedure e prassi necessarie a dimostrare “accountability”. Per qualsiasi informazione, contattaci. Ci trovi ad Arzignano, in provincia di Vicenza.

L’idrogeno solforato rappresenta sicuramente il maggiore fra i rischi nel contesto dell’industria conciaria. Richiede pertanto una valutazione separata ed approfondita a garanzia della salute e sicurezza dei lavoratori. 

In questo post riassumiamo gli effetti sulla salute, i valori limite di esposizione e di emissione in atmosfera, le principali contromisure per bottali, locali confinati e magazzini con una check list per il controllo periodico degli impianti di aspirazione.

Pericolosità dell’idrogeno solforato

L’idrogeno solforato (noto anche come acido solfidrico o H2S) è un gas tossico e infiammabile. È registrato presso l’Agenzia europea per le sostanze chimiche (ECHA) con il numero EC 231-977-3 (vedi l’Infocard). Alcune sue caratteristiche lo rendono meritevole di attenzioni particolari al fine della sicurezza sul lavoro.

Idrogeno solforato e rischi per la salute

L’idrogeno solforato, entrando in circolo attraverso le vie aeree, causa il blocco della respirazione cellulare. Gli effetti sulla salute variano a seconda delle condizioni di esposizione. A concentrazioni elevate può portare a paralisi dei centri nervosi con immediato collasso e morte. Un’intossicazione leggera, invece, causa irritazioni, debolezza, nausea che scompaiono con l’esposizione all’aria aperta. 

Riassumiamo i principali effetti osservabili a crescenti concentrazioni di H2S:

H2S: limiti di esposizione ed emissione

I valori limiti di esposizione professionale in Italia per l’idrogeno solforato sono contenuti nel D.M. 6 agosto 2012 del Ministero del Lavoro. 

Il valore limite per l’emissione in atmosfera di idrogeno solforato, stabilito dal D.Lgs. 152/2006 (All. “I” alla Parte quinta), è di 5 mg/Nm3, con soglia di rilevanza 50g/h s.

Rischio idrogeno solforato in conceria

Nell’ambiente della conceria il rischio di esposizione all’idrogeno solforato può presentarsi in diversi luoghi

Prevenire il rischio H2S nei bottali

Per prevenire rischi per la salute dei lavoratori che operano con bottali in cui si sviluppa idrogeno solforato, questi ultimi devono essere dotati di un idoneo impianto di aspirazione ed abbattimento del gas. Le misure minime di sicurezza sono: 

Deve esistere un programma di controllo e manutenzione dell’impianto di aspirazione su base: 

Scarica la check list del Servizio di protezione e prevenzione per il controllo e manutenzione ordinaria dell’impianto di aspirazione e abbattimento dell’idrogeno solforato.

Idrogeno solforato e locali confinati

L’idrogeno solforato, essendo più pesante dell’aria, rappresenta un rischio particolarmente elevato quando si concentra in zone al di sotto del livello medio del terreno (quali fosse, canali, pozzetti) o in locali confinati (quali silos e condotte). Ecco cosa prescrive il D.Lgs 81 2008, per interventi in questi contesti:

NB: Seguire le indicazioni del D.P.R. 177 /2001 - Regolamento recante norme per la qualificazione delle imprese e dei lavoratori autonomi operanti in ambienti sospetti di inquinamento o confinanti.

Stoccaggio e gestione delle acque reflue

Per evitare emissioni incidentali di idrogeno solforato devono essere adottate opportune misure di sicurezza per lo stoccaggio dei prodotti chimici e la gestione delle acque reflue. Tra queste:

H2S e Dispositivi di protezione individuale

Per proteggere contro l’idrogeno solforato, è necessario utilizzare i dispositivi di protezione individuale adeguati. I DPI consigliati in questo caso sono maschere a filtro antigas di tipo B (adatte a gas inorganici, fascia di colore grigio) con filtro almeno di livello 2 (utilizzabile fino a concentrazioni di 5000 ppm). Per concentrazioni di H2S inferiori a 300 ppm è possibile utilizzare una semimaschera. Da ricordare sempre che:

L’idrogeno solforato nell’industria conciaria rappresenta un rischio di elevata gravità (per gli effetti sulla salute) e probabilità (per la facilità di esposizione). Per questo è necessaria una valutazione scrupolosa e l’adozione di contromisure orientate alla massima prudenza. Siamo a disposizione per un sopralluogo gratuito nella vostra azienda per una valutazione preliminare. Per ulteriori informazioni contattaci. Ci trovi ad Arzignano, in provincia di Vicenza.

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Nell'ultimo periodo giorni è stata rilevata nella zona dell’Ovest Vicentino la circolazione di virus tramite PEC. Si tratta solo dell’ultimo episodio di rischio telematico in ordine di tempo e non sarà certo l’ultimo. Ricordiamo ad esempio la violazione del sistema informatico avvenuto nel marzo dello scorso anno ai danni del pronto soccorso dell’ospedale di Arzignano. L'attacco era avvenuto sempre tramite Posta elettronica certificata, con un tipo di malware chiamato ransomware. È bene quindi non abbassare la guardia su questo aspetto della sicurezza aziendale.

I ransomware e la posta elettronica certificata

Un ransomware è un programma dannoso che attacca un dispositivo elettronico. Come? Criptandone i contenuti, ovvero rendendoli inutilizzabili da parte del proprietario del computer. Quest’ultimo, per poter tornare in possesso dei propri dati, è costretto a pagare un riscatto (in inglese: "ransom") a chi ha lanciato l’attacco. Senza garanzia, va ricordato, che dopo il pagamento l’hacker gli invii i codici per liberare il proprio computer dal virus.
La PEC (posta elettronica certificata), com’è noto, è un tipo di posta elettronica, obbligatoria per tutte le aziende dal 2012, che ha valore legale analogo ad una raccomandata con ricevuta di ritorno.  In teoria, si tratta di un metodo di comunicazione più sicuro dei comuni servizi email. Ma anche la PEC può nascondere delle insidie. Infatti, i ransomware hanno trovato modo per intrufolarsi anche qui..

Come attaccano i virus tramite PEC

Ma come avvengono questi attacchi di virus tramite PEC? Travestendosi da contenuto ufficiale. Dato che le PEC vengono usate prevalentemente dalle aziende e dalle pubbliche amministrazioni, i ransomware potrebbero essere inseriti negli allegati. Ad esempio, una fattura in scadenza o comunicazioni simili. Il mittente spesso è un contatto realmente presente nella propria rubrica, ignaro propagatore del virus in quanto a sua volta vittima di hacker.
Allegato a queste mail difficilmente distinguibili da una reale, c’è un file che contiene una “macro” infetta. Una macro è un piccolo software che si può inserire in un documento di testo o foglio di calcolo. Attivandola si aprono le porte al virus. Questo cripta tutti i dati del computer (documenti, foto, video, database, ecc), rendendoli illeggibili e inutilizzabili. Questo rappresenta un problema di per sé, perché la perdita di documenti e informazioni può minare l'attività. Ma dopo l’introduzione del GDPR si configura anche come un “data breach”, ovvero una violazione di dati personali.

L’Importanza di sicurezza informatica

È importante sapersi difendere da tutti i malware, compresi gli attacchi di virus tramite PEC. Ciò anche perché il regolamento europeo sulla privacy prescrive alle aziende di mettere in campo tutte le misure adeguate e necessarie per proteggere i dati personali in loro possesso. Innanzitutto installando un antivirus efficace e affidabile. Poi attraverso la formazione e l’informazione del personale sulle procedure corrette da seguire. La prima causa di attacco informatico infatti è l’errore umano.  Una norma di buonsenso è di sospettare di tutta la posta elettronica. Inoltre non abilitare le macro e, in caso di dubbio, evitare di aprire gli allegati. Potete trovare altri consigli di sicurezza informatica anche in un precedente articolo del nostro blog.

Ricordiamo che le spese finalizzate alle attività di formazione finalizzate all’acquisizione o al consolidamento, da parte del personale dipendente delle competenze nelle tecnologie rilevanti per la realizzazione del processo di trasformazione tecnologica e digitale delle imprese previsto dal Piano nazionale Impresa 4.0 sono finanziabili col bonus formazione 4.0.

Data breach e sanzioni

Se il computer di una pubblica amministrazione o di un’azienda viene infettato da un ransomware o altro virus tramite PEC o è attaccato dagli hacker cosa si rischia oltre alla perdita dei dati? In caso di data breach, il fatto va notificato al Garante della privacy entro 72 ore da quando se ne viene a conoscenza. Nel caso che le misure di sicurezza tecniche e organizzative applicate ai dati oggetto di violazione risultino inadeguate, il GDPR applica la sanzione pecuniaria pari al 2% del fatturato dell'intera società. Fino a 10 milioni di euro. Nel caso di un data breach non notificato, le autorità assumono che le misure di sicurezza fossero inadeguate. In tale caso si applica una doppia sanzione.

Siamo a disposizione per offrirvi tutta la consulenza necessaria a mettere in regola la vostra azienda dal punto di vista della tutela dei dati e della privacy. Per qualsiasi informazione, contattaci. Ci trovi ad Arzignano, in provincia di Vicenza.

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Ogni anno, il Ministero della Salute predispone un Piano Nazionale delle Attività di Controllo sui Prodotti Chimici. Si tratta di un insieme di linee guida volte a coordinare il contrasto dell’utilizzo non conforme di sostanze potenzialmente dannose per la salute e l’ambiente. In seguito viene pubblicato anche un report sulle verifiche svolte. Dall’analisi degli ultimi dati disponibili emerge che:

  1. i controlli riguardano soprattutto gli utilizzatori, e non i produttori;
  2. le PMI rappresentano la maggioranza assoluta delle aziende controllate;
  3. le irregolarità più sanzionate sono relative alle Schede dati di sicurezza (SDS).

Gli utilizzatori finali dei prodotti chimici

I dati evidenziano che l’attività di controllo sui prodotti chimici si è concentrata sulle aziende utilizzatrici a valle. Ciò vuol dire che le ditte che impiegano nei loro processi sostanze regolamentate sono state molto più controllate rispetto a quelle che le producono o commercializzano. Sul totale delle aziende prese in esame, ben il 43% erano utilizzatori a valle. Tra i settori sottoposti a controlli, nel 2017 c’è stato anche quello della concia.

Controllo sui prodotti chimici e PMI

Le più sottoposte all’attività di controllo sui prodotti chimici sono le PMI. Delle aziende finite sotto la lente degli enti preposti, il 25% sono classificate come microimprese, il 26% come piccole, il 18% come medie e solo il 13% come non-PMI. Il Veneto è la terza regione per numero di aziende controllate, dopo Lombardia ed Emilia-Romagna, con una percentuale pari all’8,6% del totale a livello nazionale.

Violazioni: in testa le norme sulle SDS

La maggioranza relativa delle violazioni alle norme REACH e CLP riscontrate nel controllo sui prodotti chimici sono relative alle SDS (42%). Seguono quelle in merito a etichettatura e imballaggio (20%). Altre irregolarità frequenti riguardano gli obblighi:

Sanzioni amministrative e penali

Nell’8,5% dei casi di illecito, oltre alle contestazioni amministrative è stato avviato un procedimento penale.  In un precedente articolo avevamo già parlato delle sanzioni previste dai regolamenti REACH e CLP sui prodotti chimici. In base alla gravità della norma violata si va da un minimo di 3 mila euro (p.es.: non conformità dell’’etichettatura) a un massimo di 90 mila euro (p.es.:mancato rispetto dei limiti di concentrazione).

Per accertare il rispetto dei regolamenti REACH e CLP e prevenire il rischio di incidenti (e sanzioni), offriamo un servizio specifico di consulenza e supporto alle aziende nell’implementazione e nella gestione del Rischio Chimico. Per ulteriori informazioni, contattaci. Ci trovi ad Arzignano, in provincia di Vicenza.

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Dal 21 ottobre il Codice di prevenzione incendi subirà delle modifiche che andranno a interessare le aziende. Anche alla luce dell’incidente della fabbrica di vernici di Brendola avvenuto a inizio luglio, è una buona occasione per tutti per fare un controllo delle proprie misure di sicurezza anti incendio.

Per facilitare il lavoro di individuazione delle criticità, il Dipartimento dei Vigili del Fuoco ha reso disponibile una check list. Analizziamola nel dettaglio e capiamo come utilizzarla.

La check list

Il documento diffuso dai Vigili del Fuoco sulla sicurezza anti incendio serve per individuare gli elementi significativi per la sicurezza di tutte le persone nei luoghi di lavoro. In particolar modo per le persone con disabilità. Questa lista di controllo non pretende di essere esaustiva, in quanto ogni realtà aziendale presenta criticità particolari. Per una completa valutazione del rischio e la stesura di un piano d'emergenza è, quindi, necessario affidarsi a dei professionisti. Le domande sono divise in modo da ripercorrere il percorso da quando si sente l’allarme a quando si raggiunge un luogo sicuro. Le risposte possibili sono tre:

Percezione dell’allarme incendio

La check list inizia con una serie di domande sulla percezione dell’allarme. Questo è un punto fondamentale in quanto permette di ridurre i tempi di risposta al pericolo. L’allarme deve essere dato in modo da coinvolgere più sensi. In questo modo, ad esempio, anche le persone non udenti possono percepire il pericolo.

Orientamento durante l’evacuazione

In seguito, la check list si sofferma su l'evacuazione e sulla segnaletica che guida verso la salvezza. La segnalazione di vie di fuga e di uscite di sicurezza deve essere necessariamente inclusa tra le misure necessarie in caso di incendio, tenendo conto anche di persone  con disabilità sensoriale.

È ampiamente comprovato, del resto, che anche i normodotati, in caso di incendio traggono beneficio da un sistema di segnalazione pensato con tali caratteristiche. Ad esempio nei casi in cui il fumo provoca una riduzione della visibilità.

In questa area di valutazione rientrano anche gli aspetti legati all’informazione e alla formazione del lavoratore sul comportamento da tenere in caso di incendio, con particolare riferimento alle prove di evacuazione.

Mobilità negli spazi interni

Questa sezione della check list va dall’abbandono della postazione di lavoro al raggiungimento del luogo sicuro. Sono inclusi sia la percorrenza di spazi interni (mobilità orizzontale e verticale), sia il transito attraverso le porte interne quelle che portano all’esterno. La struttura deve essere fatta in modo che le persone con disabilità riescano a raggiungere i punti sicuri autonomamente. Ciò dipende sia da fattori ambientali e dalle singole persone presenti. Questa sezione si suddivide in diverse aree:

Siamo a disposizione per la valutazione del rischio incendi nella vostra azienda, per la verifica della conformità normativa delle dotazioni e per individuare opportune misure necessarie a prevenire il pericolo di roghi (o delle sanzioni per il mancato rispetto della norma). Da anni, inoltre, organizziamo corsi di formazione obbligatoria per il personale aziendale. Per informazioni contattaci. Ci trovi ad Arzignano in provincia di Vicenza.

L’incidente avvenuto negli scorsi giorni nella fabbrica di vernici di Brendola che ha causato un vasto incendio con danni ingentissimi e ricadute su tutta la popolazione del territorio riporta l’attenzione sugli adempimenti connessi alla prevenzione degli incendi e sulle norme antincendio. Una riflessione che tutte le aziende dovrebbero prendere in considerazione anche in vista dell’aggiornamento normativo che entrerà in vigore il 21 ottobre.

Cosa cambia nella prevenzione incendi

Con il Decreto Ministeriale 12 aprile 2019, vigente dal prossimo autunno, viene modificato il Codice di prevenzione incendi in vigore dal 2015 (D.M. 03 agosto 2015).

Sinteticamente: la principale novità riguarda l’eliminazione del “doppio binario” per la progettazione antincendio.

Cosa vuol dire doppio binario? Fino a ottobre 2019 sarà ancora possibile scegliere se gestire la prevenzione incendi secondo le prescrizioni del D.M. 10/03/1998 o del D.M. 03/08/2015. Da ottobre l’unica via sarà quella del D.M. 03/08/2015.

È un vantaggio per le aziende? Sì. Il nuovo metodo di approccio alla sicurezza antincendio, introdotto dal D.M. 03/08/2015, è un valido strumento che può consentire il superamento di criticità antincendio che qualche azienda può essersi trovata a fronteggiare negli anni passati. 

È obbligatorio gestire la sicurezza antincendio con norme antincendio in azienda?

Sì. Tutti i luoghi di lavoro devono gestire la sicurezza antincendio, ma non allo stesso modo. Per alcune aziende, infatti, può esserci l’obbligo di dotarsi di Segnalazione Certificata di Inizio Attività Antincendio (ex CPI); queste sono le aziende con una o più attività soggette al controllo dei Vigili del Fuoco (clicca qui per verificare se nella tua azienda ci sono attività soggette al controllo dei Vigili del Fuoco).

Se ho un’azienda con attività soggette al controllo dei VV.F. cosa devo fare?

Il regolamento di prevenzione incendi in vigore dal 2011 prevede procedure differenziate per le aziende in funzione della complessità antincendio delle attività presenti. Le attività soggette ai controlli di prevenzione incendi vengono infatti suddivise in 3 categorie:

A, B e C. 

Qui sotto uno schema riassuntivo dell’iter per differenti categorie di aziende

Siamo a disposizione per la valutazione del rischio incendi nella vostra azienda, per la verifica della conformità normativa delle dotazioni e per individuare opportune misure necessarie a prevenire il pericolo di roghi (o delle sanzioni per il mancato rispetto della norma). Da anni, inoltre, organizziamo corsi di formazione obbligatoria per il personale aziendale. Per informazioni contattaci. Ci trovi ad Arzignano in provincia di Vicenza.

Lavorare in postazioni ergonomiche migliora efficienza e produttività. È un fatto assodato infatti che lavoratori messi in condizione di adottare posture corrette sono meno soggetti a problemi di salute e rendono di più per l’azienda. In un precedente post abbiamo parlato di quanto sia importante l’ergonomia in ufficio. Ma lo stesso si può dire dei reparti produttivi delle aziende dove cattive abitudini, e soprattutto una progettazione inefficiente degli spazi, può causare danni ancora maggiori.

Posture scorrette

Oltre che da movimenti ripetitivi e da movimentazione di carichi, anche l’assunzione di posture scorrette può causare malattie muscolo scheletriche. E non è poco, pensando che queste sono all’origine del 60-65% delle malattie professionali. Per questo anche l’Inail sta dedicando grande attenzione a diffondere la conoscenza di questo problema. Ad esempio attraverso  un opuscolo dedicato ai disturbi muscoloscheletrici lavorativi e alle strategie per indicare alle aziende come rendere le loro postazioni ergonomiche.

Progettare postazioni ergonomiche

Per prevenire i disturbi muscolo scheletrici, è importante che i lavoratori abbiano a disposizione postazioni ergonomiche. Una postazione di lavoro è ergonomica quando permette al lavoratore di assumere posture corrette. Cosa si può fare per rendere ergonomica una postazione di lavoro? Ad esempio, si può:

Cosa fare

Come si possono evitare i rischi dovuti a posture scorrette? Per prima cosa, è importante fare una valutazione del rischio, affidando ad un esperto il compito di esaminare la situazione esistente e individuare eventuali criticità. In secondo luogo è necessario adottare contromisure per prevenire il rischio seguando i principi necessari a rendere, quanto più possibile, le postazioni ergonomiche. Infine bisogna informare i lavoratori circa i rischi delle posture scorrette e l’importanza di seguire le indicazioni aziendali. Questo ridurrà il rischio di danni alla salute, per i quali, in caso contrario, potrebbero anche essere chiesti risarcimenti al datore di lavoro.

Siamo a disposizione per un sopralluogo gratuito nella vostra azienda per valutare il rischio per la salute dovuto a postazioni di lavoro non ottimali dal punto di vista ergonomico. I nostri esperti possono suggerirvi il metodo più opportuno per l’analisi e le misure di prevenzione più adeguate.

Siamo in grado di proporre dei percorsi formativi atti ad educare il personale aziendale impegnato in mansioni che prevedono posizioni mantenute o movimenti usuranti e all’adozione di strategie correttive personalizzate finalizzate alla riduzione/riorganizzazione del carico articolare a livello vertebrale e periferico. 

Per ulteriori informazioni, contattaci. Ci trovi ad Arzignano in provincia di Vicenza.

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La corretta temperatura nei luoghi di lavoro spesso è una questione… scottante! Con l’arrivo del caldo, infatti, in ufficio e nei reparti produttivi, si pone il problema di come regolare il condizionatore. In questo post vediamo cosa dice la normativa di riferimento. Ma non solo. Il microclima sul posto di lavoro è infatti una questione seria. E va analizzata come tutti gli aspetti che possono influenzare il livello di salute e sicurezza (e anche la produttività) in azienda.

Temperatura nei luoghi di lavoro

Il D.lgs. 9 aprile 2008, n. 81,  fornisce indicazioni di massima riguardo l’adeguatezza dell’aerazione, della temperatura e dell’umidità degli ambienti di lavoro. Il Decreto raccomanda di effettuare la valutazione considerando il tipo di attività svolta dal lavoratore, ma non dà specifici parametri microclimatici da rispettare.

Per ambienti termici moderati (come uffici o altri ambienti chiusi) l’Inail adotta specifici indici di comfort termico, basati su variabili oggettive e soggettive. Il riferimento principale è la norma UNI EN ISO 7730:2006. In estrema sintesi: il comfort termico è raggiunto quando non più del 10% dei soggetti considera l’ambiente termico insoddisfacente.

I pericoli del caldo

Le temperature troppo alte sul luogo di lavoro sono un fattore di rischio da non sottovalutare e da prevenire adottando apposite misure. Infatti, possono impattare negativamente sulla salute del lavoratore, con conseguenze anche molto gravi. Non sempre, invece, si considera che un microclima non adeguato comporta anche un calo di produttività dei lavoratori. Secondo una ricerca europea denominata HEAT-SHIELD, temperature troppo elevate possono ridurre la produttività fino al 14%.

Legionella, questa sconosciuta

Con il caldo torna anche il rischio legionella. Ricorderete la grave epidemia scoppiata l’anno scorso nel bresciano. Questo batterio, che vive nell’acqua stagnante sopra i 25°C colpisce l’apparato respiratorio in modo più o meno grave. Viene trasmesso per inalazione di acqua infetta nebulizzata. Per questo motivo è opportuno utilizzare tutti i DPI necessari se si è a contatto con aerosol. Inoltre pulire spesso filtri di rubinetti, serbatoi d’acqua e aria condizionata (altri possibili luoghi di proliferazione della legionella).

Siamo a disposizione per un sopralluogo senza impegno nella vostra azienda per valutare i rischi legati al microclima (compresa la legionella) e per indicare eventuali misure di prevenzione necessarie. Per qualsiasi informazione contattaci. Ci trovi ad Arzignano in provincia di Vicenza.

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Il magazzino è un reparto fondamentale per qualsiasi azienda. La sua corretta gestione, quindi, è una condizione cruciale per l’efficienza dell’intera azienda. In quest’ottica abbiamo istituito un nuovo servizio specificamente dedicato alla verifica e manutenzione delle scaffalature. Un controllo i cui obiettivi sono è la prevenzione dei rischi per la sicurezza dei lavoratori, il corretto uso delle scaffalature e l’adempimento degli obblighi di legge.

VEDI L’ELENCO DEI NOSTRI NUOVI SERVIZI

Verifica e manutenzione delle scaffalature

L’attività di monitoraggio e manutenzione delle scaffalature deve essere costante all’interno di ogni azienda. Dipende inoltre dalle caratteristiche e dalle sollecitazioni a cui è sottoposto il magazzino. Almeno una volta all’anno, tuttavia, è obbligatoria un’ispezione svolta da un tecnico esterno. In seguito a questa attività l’azienda deve ottenere un report di efficienza delle scaffalature, con indicazioni circa gli interventi da svolgere.

Il nostro servizio

Il nostro nuovo servizio specificamente dedicato alla verifica e manutenzione delle scaffalature consiste in un’analisi completa e dettagliata.

Normativa di riferimento

La manutenzione delle scaffalature e il periodico controllo sono regolati dalla norma europea in materia di attrezzatura di immagazzinaggio (UNI EN 15629 e UNI-EN 15635) e dal Testo Unico sulla sicurezza sul lavoro (D.lgs. 81/2008). Ecco alcuni estratti:

Siamo a disposizione per un primo sopralluogo gratuito nel vostro magazzino per valutare l’attività di monitoraggio e manutenzione delle scaffalature più adatta alla tua azienda. Per ulteriori informazioni contattaci. Ci trovi ad Arzignano in provincia di Vicenza.

Il 4 settembre è stato pubblicato in Gazzetta Ufficiale il nuovo Decreto Privacy (D.Lgs. n. 101/2018): la legge con cui l’Italia recepisce regolamento europeo GDPR in materia di tutela dei dati personali. Il decreto, che entrerà a tutti gli effetti in vigore il 19 settembre, modifica, ma non sostituisce il Testo unico sulla privacy del 2003.

Il sistema regolatorio italiano sulla privacy, quindi, sarà composto da questi due documenti, a cui si aggiungono tutte le precedenti pronunce del Garante e le autorizzazioni generali, prolungate fino a data da destinarsi. Una giungla in cui per le aziende non è facile orientarsi.

Il nuovo decreto privacy

L’armonizzazione della legge italiana era attesa da maggio 2018, data di entrata in vigore di GDPR in tutta Europa. Su questo blog abbiamo seguito con attenzione questa fase di transizione. Perché da una parte GDPR mira a tutelare i cittadini nei confronti delle aziende (eclatante il caso Facebook). Dall’altra però rappresenta anche un adempimento non facile da applicare per le PMI, con il rischio di pesanti sanzioni.

Le sanzioni previste da GDPR

Le imprese che violano gli obblighi introdotti da GDPR (ne abbiamo già parlato in questo articolo) possono incorrere in sanzioni da 10 a 20 milioni di euro, o comprese tra il 2% e il 4% del fatturato. Inoltre il nuovo decreto privacy prevede l’applicazione di alcune fattispecie di reato del Codice Penale, come trattamento illecito, acquisizione fraudolenta, false dichiarazioni...

Nessun periodo di non-sanzionabilità

Arriviamo quindi alla cosiddetta “sospensione” delle sanzioni. L’art. 22 del nuovo decreto privacy prevede che per i primi otto mesi dalla sua entrata in vigore, il Garante per la privacy tenga conto di una “fase di prima applicazione”. Non definisce tuttavia alcun periodo di moratoria o non-sanzionabilità.

Le PMI possono comunque approfittare di questo periodo per armonizzare i nuovi obblighi coi processi aziendali. Come annunciato dal Garante infatti, i controlli inizialmente si concentreranno su aziende che gestiscono banche dati di grandi dimensioni, istituti di credito, società di telemarketing.

Semplificazione e curriculum

Il nuovo provvedimento, in ogni caso, non ignora le esigenze di semplificazione delle piccole e medie aziende. Ha affidato quindi al Garante il compito di introdurre modalità di adempimento semplificate degli obblighi previsti specificamente rivolte alle PMI.

È già nel testo del nuovo decreto privacy, invece, una norma (Art. 9) che semplifica la gestione dei dati contenuti nei curriculum vitae. In particolare, per quanto riguarda i CV inviati spontaneamente dai candidati all’azienda, l’informativa sul trattamento dei dati e l’acquisizione del consenso potrà essere consegnata dall’azienda al soggetto interessato nella prima occasione di incontro successiva alla ricezione del curriculum.

Gli obblighi previsti

Ricordiamo infine i principali obblighi che le imprese (anche PMI) sono tenute ad assolvere in base a GDPR:

Siamo a disposizione per offrirvi tutta la consulenza necessaria a mettere in regola la vostra azienda dal punto di vista della tutela dei dati e della privacy. Per qualsiasi informazione, contattaci. Ci trovi ad Arzignano, in provincia di Vicenza.

Controlli nelle concerie da parte dello Spisal. Il Servizio di prevenzione, igiene e sicurezza sui luoghi di lavoro dell’Ulss 8 Berica - Distretto Ovest, ha annunciato per quest’anno una campagna di verifiche nelle aziende del settore conciario e della produzione di prodotti chimici per Ia concia. Per verificare che tutto sia in regola abbiamo predisposto una check list da scaricare gratuitamente.

I sopralluoghi

Secondo le linee guida rese note dallo stesso Spisal, durante il sopralluogo saranno verificate le misure di prevenzione. In particolare i controlli andranno ad interessare i depositi delle sostanze pericolose, le modalità di trasporto e di spillaggio, le caratteristiche dei luoghi di utilizzo. E ancora le procedure definite per l’utilizzo dei composti chimici e la presenza di attrezzature idonee, come le aspirazioni localizzate.

Concerie a norma

Oltre alle misure preventive, strutturali, ed organizzative predisposte dal datore di lavoro, sarà prese in esame la documentazione contenente la registrazione delle misure di prevenzione previste dal DL 81/08. Verrà richiesta la trasmissione del Documento di valutazione dei rischi (Dvr) in adempimento a quanto prescritto dall’art. 223 DL 81, completo del Protocollo per la sorveglianza sanitaria di tutti gli esposti.

Descrivere e prevenire il rischio

ln tali documenti sarà verificato se il datore di lavoro ha predisposto un efficace organizzaione in grado di:

A) Descrivere il rischio

  1. Documentare il ciclo delle sostanze pericolose dall'ingresso all'uscita nell'unità produttiva con indicazione dei luoghi dove sono depositate ed usate.
  2. Aggiornare l'elenco delle sostanze usate, i quantitativi, e i relativi rischi con la registrazione di entrate/uscite dall’azienda e la raccolta delle Schede di sicurezza (Sds, scadenza 3 anni).
  3. Prevedere l'aggiornamento periodico del Dvr e delle relative misure di prevenzione. È consigliato un aggiornamento triennale, ma in ogni caso la periodicità scelta dovrà essere sempre motivata.

B) Analizzare il rischio e predisporre le conseguenti misure di prevenzione in grado di eliminarlo o ridurlo al minimo (art 15 TU 81). Nello specifico, per tutte le fasi del ciclo che comportano esposizione alle sostanze pericolose (manipolazione, spillaggio, uso) ecc., sarà verificato quali misure di prevenzione sono state predisposte per:

  1. Eliminare o ridurre al minimo l'esposizione dei lavoratori ad inalazione e/o contatto cutaneo con le sostanze utilizate e prodotte (ad esempio in impianti di confinamento e/o captazione, procedure, Dpi, addestramento formazione, analisi ambientali periodiche, ecc.).
  2. Eliminare o ridurre al minimo il rischio da incompatibilità tra sostanze con la corretta gestione depositi.
  3. Eseguire sorveglianza sanitaria coerente con rischi.

Scarica la check list

Scarica la check list e contattaci per un sopralluogo gratuito: verificheremo se tutto è a norma di legge e quali misure adottare per migliorare la sicurezza nella tua azienda.

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