È una minaccia silenziosa, in conceria ma non solo. Le esposizioni al gas possono, infatti, riscontrarsi in vari ambiti industriali: dall’agricoltura alla metallurgia fino al settore alimentare. Parliamo dell’idrogeno solforato, che ancora oggi è in grado di uccidere nel mondo del lavoro. Come accaduto, per esempio, a fine maggio in provincia di Pavia. Torniamo, quindi, a occuparcene, approfondendo gli effetti sulla salute e cosa prevede la normativa.

Cos’è l’idrogeno solforato

Come descritto più ampiamente in un precedente articolo, l’idrogeno solforato è un gas tossico e infiammabile. È anche conosciuto con i nomi di acido solfidrico, solfuro di diidrogeno o con la sua formula chimica: H2S. Si tratta di un gas incolore, ma che presenta un caratteristico odore di uova marce. Tuttavia, il miasma è percepibile solo a determinate concentrazioni. Man mano che l’acido solfidrico diventa più presente (e, di conseguenza, aumentano i rischi per l’uomo), l’odore si attenua. È proprio questo a rendere l’idrogeno solforato insidioso e subdolo per i lavoratori. Tenendo conto, poi, che questo gas è più denso dell’aria. Per questo motivo, tende a ristagnare nelle zone più basse. I rischi, dunque, si alzano negli spazi confinati, quali serbatoi, silos, pozzi e vasche.

Dove si trova

L’acido solfidrico si può trovare in natura, ad esempio nelle sorgenti termali, nei gas di palude o nel petrolio. Spesso, però, ha origine antropica: è, cioè, creato dall’uomo come coprodotto in vari procedimenti industriali, per esempio la concia delle pelli. Dove, a proposito, si può trovare in conceria? Prima di tutto nei bottali (durante le fasi di decalcinazione, macerazione e pikel) e nelle fosse per le acque di scarico. Ma non solo. Si può formare nell’industria conciaria anche nel caso di errori di deposito o di incidenti durante lo stoccaggio. L’idrogeno solforato si può formare anche per il contatto accidentale tra acque acide e basiche su pavimenti e condotte di scarico della conceria stessa.

Gli effetti sulla salute

L’acido solfidrico, abbiamo visto, è un gas tossico. In quanto tale, ha una propria scheda dati di sicurezza (SDS). La soglia olfattiva media di questa sostanza è 35 μg/m³. Tuttavia, man mano che la sua concentrazione aumenta, l’odore diminuisce per esaurimento funzionale dei recettori. Per questo motivo, l’olfatto non risulta efficace come sistema di allerta. Gli effetti sul corpo umano sono molto diversi tra loro e dipendono dalla concentrazione di tale gas. Le conseguenze dell’esposizione all’idrogeno solforato partono da irritazioni agli occhi e disturbi respiratori. Vertigini, mal di testa, tosse, mal di gola, nausea sono altri sintomi da intossicazione da H2S, nota anche come solfidrismo. Si può arrivare anche a danni cerebrali cronici e, addirittura, alla morte, quando il gas si trova in concentrazioni elevate. 

… e negli ambienti di lavoro

L’idrogeno solforato è anche aggressivo nei confronti dei materiali, in special modo dei metalli. Ne provoca, infatti, un rapido deterioramento. In particolare, l’acido solfidrico intacca il rame, il ferro e lo zinco. Si tratta, pertanto, di un rischio da non sottovalutare, soprattutto per quanto riguarda gli impianti di depurazione e i quadri elettrici. Questo rischio è riscontrabile non solo in conceria, ma anche presso tutti gli ambienti di lavoro suscettibili di produzione di idrogeno solforato. Come, ad esempio, l’industria cartiera e quella petrolifera. Persino nell’ambiente urbano si possono riscontrare effetti nocivi e corrosivi dell’acido solfidrico presente nell’aria, seppure in quantità minima. Ne sono un esempio alcuni fenomeni di ossidazione del rame presente in grondaie o manufatti di ottone.

Cosa dice la legge

Il D.Lgs. 81/2008 stabilisce che il datore di lavoro deve fare un’attenta valutazione dei rischi per la salute e sicurezza dei lavoratori. All’articolo 121, parlando della presenza di gas negli scavi, si afferma quanto segue:

  • vanno adottate idonee misure contro i pericoli derivanti dalla presenza di gas (tra questi rientra l’idrogeno solforato) o vapori tossici, asfissianti, infiammabili o esplosivi;
  • nel caso non sia possibile assicurare un’efficiente aerazione, bisogna dotare gli  addetti alle manutenzioni e pulizie di questi siti di idonei dispositivi di protezione individuale (DPI) delle vie respiratorie;
  • è, altresì, necessario munirli di idonei dispositivi di protezione individuale collegati a un sistema di salvataggio. Questo per riuscire a portare rapidamente all’esterno il lavoratore in caso di emergenza;
  • nel caso siano presenti gas infiammabili o esplosivi, si deve provvedere alla bonifica dell’ambiente mediante idonea ventilazione.

Sistemi di rimozione dell’idrogeno solforato

Come è stato sottolineato, l’idrogeno solforato è un gas asfissiante, in grado anche di uccidere. Ma non è un nemico invincibile. Come ricordato dai colleghi di Pragma Chimica, infatti, l’acido solfidrico può essere eliminato. Per esempio tramite uno speciale trattamento ossidativo a effetto curativo. Esistono, però, altri sistemi per rimuovere l’acido solfidrico, tra cui la desolforazione biologica e l’absorbimento (fisico, chimico o in schiume). Come spesso avviene, poi, la prevenzione ha un ruolo significativo. Si può, infatti, contrastare la formazione dell’H2S con specifiche tecnologie e prodotti.

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