In questi giorni, l’Italia è interessata da temperature particolarmente elevate. Normale: del resto, è estate. Vi sono, tuttavia, importanti ripercussioni a livello professionale. Come sottolineato in un precedente articolo, temperature troppo alte sul luogo di lavoro sono un fattore di rischio da non sottovalutare. Queste, infatti, possono impattare negativamente sulla salute del lavoratore, con conseguenze anche gravi fino al colpo di calore. Edilizia e agricoltura sono tra i settori più a rischio, ma la questione riguarda anche altri ambiti. Per questo motivo, è importante adottare apposite misure per prevenire potenziali situazioni critiche. E anche la tecnologia, vedremo, può dare una mano.
Il colpo di calore è la conseguenza più grave che può derivare da un incremento anomalo della temperatura dell’organismo oltre i 40°C. Bambini e over 65 sono i profili più a rischio, ma, in realtà, può colpire a qualsiasi età. La causa può essere una disfunzione dei meccanismi di termoregolazione che si verifica con una combinazione di incrementata produzione di calore e una sua ridotta dispersione. Un’attività fisica intensa esercitata in un ambiente caldo-umido può favorire il colpo di calore. Tra i principali sintomi cui prestare attenzione vi sono:
Il Testo unico sulla salute e sicurezza dei lavoratori (D.Lgs. 81/08) indica tra gli obblighi del datore di lavoro quello di valutare "tutti i rischi per la sicurezza e la salute dei lavoratori". Sono compresi quelli riguardanti "gruppi di lavoratori esposti a rischi particolari" e, quindi, anche al rischio di danni da calore delle attività lavorative.
Per evitare il rischio di stress termico, il datore di lavoro deve mettere in atto misure preventive e protettive. La prima protezione per i lavoratori è informare e formare gli stessi sui rischi correlati al caldo. Bisogna, poi, consultare i bollettini di previsione e allarme per la propria zona. Vanno sempre considerate a rischio le giornate in cui si prevede una temperatura all’ombra superiore ai 30° e l’umidità relativa sopra il 70%.
Dal punto di vista organizzativo, il lavoro deve avvenire quanto più possibile nelle zone meno esposte al sole. Nei giorni a elevato rischio è necessario ridurre l’attività lavorativa nelle ore più calde (dalle 14.00 alle 17.00). È importante, poi, aumentare il numero delle pause di recupero in aree confortevoli e predisporre una rotazione dei lavoratori sulle mansioni più gravose. Il datore di lavoro deve evitare che i dipendenti esposti ad alte temperature restino isolati. Ciò per consentire un eventuale primo soccorso il più rapido possibile e una sorveglianza reciproca. Deve, altresì, mettere a disposizione quantitativi sufficienti di acqua fresca, preferibilmente con integratori salini, e promuovere tra i lavoratori stili di vita salutari e una corretta alimentazione. Vanno, poi, messi a disposizione idonei dispositivi di protezione individuali (DPI) e indumenti protettivi.
Anche il lavoratore, dal canto suo, può e deve mettere in pratica delle azioni di prevenzione. Ad esempio, è fondamentale mantenersi sempre correttamente idratati. È bene anche bagnarsi sovente con acqua fresca, specie il capo, per disperdere calore. Fare delle pause regolari e utilizzare un vestiario idoneo rientrano tra le buone pratiche da mettere in atto per prevenire il rischio di colpo di calore. Un copricapo che permetta una sufficiente ombreggiatura può essere un prezioso aiuto.
In caso di colpo di calore, è molto importante ricordarsi di:
Si diceva più su dell’apporto della tecnologia nella prevenzione del rischio di colpo di calore. Ne è un esempio Worklimate. Si tratta di un prototipo di piattaforma previsionale di allerta cui stanno lavorando CNR e Inail. Sono consultabili le mappe nazionali di previsione del rischio caldo per alcuni profili di lavoratori, sviluppate sulla base di uno specifico indicatore. Le mappe mostrano, nel dettaglio, la previsione del rischio caldo fino a tre giorni, in diversi momenti della giornata.
C’è bisogno di strumenti del genere. I numeri sul riscaldamento globale, infatti, sono da tempo allarmanti. Il 2020, come riporta l’Organizzazione Meteorologica Mondiale (WMO), è stato uno dei 3 anni più caldi della storia. Diventa essenziale, dunque, adottare misure preventive volte a ridurre l’impatto del caldo sulla salute dei lavoratori. E L’Italia, in questo senso, può "lanciare la volata". Proprio Worklimate ha messo in luce come la maggior parte delle nazioni europee non presenti un sistema di allerta termico specifico per il settore occupazionale. E, quando presente, non è calibrato sulle caratteristiche del lavoratore, della sua attività e dell’ambiente di esposizione. Insomma, c’è da fare.
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