Continue urgenze, vere o presunte. Scarsa programmazione. Lavoro altalenante e disuniforme. Sono solo alcuni dei fattori che rendono difficile reggere la pressione sul lungo periodo negli ambienti di lavoro. Se il tutto, poi, è condito da una pandemia, la situazione non migliora e, anzi, rischia di peggiorare. Con tutto quel che ne consegue. Conviene, dunque, riflettere su un tema di rilievo spesso sottovalutato: il benessere mentale dei lavoratori. Ma di cosa si tratta esattamente? Lo scopriamo in questo articolo, approfondendo le insidie che minacciano l’equilibrio mentale in ambito professionale.
L’Organizzazione mondiale della sanità identifica il benessere mentale come parte integrante della salute dell’individuo. Sono incluse dimensioni psichiche, fisiche e sociali: tre aspetti che operano sinergicamente tra loro. Si deve, insomma, parlare non solo di benessere fisico ma anche di salute psichica.
È importante prestare la giusta attenzione al tema. Proprio il (mancato) benessere psicologico risulta, infatti, essere tra le cause principali che portano le persone a lasciare un posto di lavoro. E sono sempre di più a farlo. Una questione attuale che si lega al fenomeno della cosiddetta great resignation. Con la pandemia, molti hanno avuto l’occasione di interrogarsi e riflettere sulla propria vita, il proprio lavoro e il livello di benessere percepito. E questa nuova consapevolezza, in molti casi, ha portato a un elevato numero di dimissioni dal posto di lavoro. Quanti? Tra aprile e maggio 2021, il numero di dimissioni in Italia è cresciuto dell’85% rispetto all’anno precedente¹. Allargando lo sguardo ai primi nove mesi del 2021, un rapporto Area Studi Legacoop-Prometeia parla di un +31% sul 2020 di dimissioni volontarie. In totale, oltre 1,3 milioni di persone hanno scelto di lasciare volontariamente il proprio lavoro nel nostro Paese.
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L’ambiente di lavoro si dimostra un luogo ancora poco adatto per esprimere il proprio malessere emotivo. È quanto emerge da una recente ricerca di BVA Doxa per Mindwork². Metà dei professionisti interpellati non si sente libera di dichiarare il proprio malessere. Il problema è che 3 lavoratori italiani su 4 sperimentano quotidianamente ansia e stress³. Molte aziende promuovono azioni dirette per aumentare il benessere dei propri lavoratori. Di norma si punta, però, su flessibilità e benefit economici. Sono ancora poche le iniziative volte a sostenere il benessere psicologico dei singoli.
Di fatto, dunque, la salute psicologica fatica a essere normalizzata nel contesto aziendale, nonostante da più parti sia avvertita e indicata come una necessità urgente. Si parla, in questo caso, di mancanza di sicurezza psicologica, ovvero quel senso di tranquillità nell’esprimere preoccupazioni, idee e difficoltà senza il timore di essere ignorati o giudicati. La situazione non migliora se ci si mette pure la positività tossica. Si tratta di una condizione che porta a ostentare ottimismo e benessere mentale a tutti i costi, anche quando le emozioni provate sono opposte. Frasi come “Andrà tutto bene”, “Vedrai che passa” non fanno altro che rafforzare la tendenza a mostrarsi sempre positivi, non lasciando spazio alle emozioni reali. Una finzione che sul lavoro, prima o poi, presenta il conto.
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Quali sono, quindi, comportamenti e atteggiamenti in grado di favorire condizioni di malessere? Malgrado non sia possibile fare un inventario preciso di fattori che concorrono a generare stress, sono stati individuati alcuni stimoli che contribuiscono ad accrescerlo. Tra questi:
Anche una comunicazione inadeguata ha il suo peso. L’assenza o scarsa chiarezza nella definizione di obiettivi, responsabilità e ruoli minano l’autostima decisionale.
Tutelare il benessere mentale dei lavoratori diventa essenziale. Anche perché questi ultimi sono alla continua ricerca di:
Le persone desiderano ambienti che si prendano cura delle loro esigenze e che promuovano un clima positivo al loro interno. Nel dettaglio, 9 lavoratori italiani su 10, per BVA Doxa-Mindwork, vogliono che la loro azienda si occupi attivamente del benessere psicologico dei dipendenti. Il report 2021 della società di consulenza Mercer⁴ evidenzia che i datori di lavoro che dimostrano di interessarsi hanno il vantaggio di creare una forza lavoro più resiliente e leale.
Non solo un dovere, ma anche un’opportunità e un investimento per il management. Favorire una cultura organizzativa a misura di persona, che permetta di sentirsi al sicuro anche dal punto di vista del benessere mentale, porta notevoli vantaggi a un’impresa. Si contrasta il rischio dimissioni, si riduce l’assenteismo, si fa squadra.
NOTE
¹ Fonte: ministero del Lavoro e delle Politiche sociali.
² Per approfondire: ricerca BVA Doxa per Mindwork.
³ Secondo l’Accordo Europeo sullo stress lavoro correlato del 2004, lo stress è "una condizione che può essere accompagnata da disturbi o disfunzioni di natura fisica, psicologica o sociale”. Può interessare potenzialmente ogni luogo di lavoro e ogni lavoratore. In Italia, il vigente quadro normativo, costituito dal d.lgs. 81/2008 e s.m.i., obbliga i datori di lavoro a valutare e gestire il rischio stress lavoro-correlato al pari di tutti gli altri rischi, in recepimento dei contenuti dell’Accordo europeo.
⁴ Health on demand, Mercer.