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ATEX, la valutazione del rischio esplosione sul lavoro

Cosa accomuna una carrozzeria e un’azienda chimica? O l’attività metallurgica e  lo stoccaggio di cereali? Il rischio esplosione. Si tratta di un tema di grande rilievo sul fronte della sicurezza sul lavoro. Spesso, tuttavia, c’è confusione tra i termini incendio ed esplosione. Facciamo, dunque, chiarezza, approfondendo gli obblighi del datore di lavoro in questo campo e analizzando come fare una corretta valutazione del rischio esplosione.

Differenze tra incendio ed esplosione

Iniziamo dal chiarire le differenze che sussistono tra incendio ed esplosione. Il termine incendio indica un fenomeno di combustione non controllata che si svolge in uno spazio non appositamente destinato a contenerla. La combustione dipende dal cosiddetto “triangolo del fuoco”. Si tratta della combinazione di tre elementi: materiale combustibile, comburente (normalmente l’ossigeno presente nell’aria) e innesco.

Per esplosione, invece, s’intende una liberazione di energia rapida e localizzata. Questa consiste nella decomposizione esotermica di alcune sostanze (definite esplosive), generalmente in seguito ad accensione. O nella rapida espansione di un gas compresso, accompagnata da effetti acustici, termici, e meccanici.

Gli obblighi del datore di lavoro

L’articolo 289 del D.Lgs. 81/2008 affronta la questione degli obblighi del datore di lavoro per prevenire il rischio esplosione. Si afferma che il datore di lavoro adotta le misure tecniche e organizzative adeguate alla natura dell’attività. Ciò ai fini della prevenzione e della protezione contro le esplosioni, sulla base della valutazione dei rischi e dei principi generali di tutela. In particolare, il datore di lavoro deve prevenire la formazione di atmosfere esplosive¹. Tuttavia, se la natura dell’attività non consente di farlo, occorre:

  • evitare l’accensione di atmosfere esplosive;
  • attenuare gli effetti pregiudizievoli di un’esplosione in modo da garantire la salute e la sicurezza dei lavoratori.

La valutazione del rischio esplosione

Oltre agli obblighi del datore di lavoro, il D.Lgs. 81/08 tratta anche della valutazione del rischio esplosione. L’art. 290 chiarisce che il datore di lavoro valuta i rischi specifici derivanti da atmosfere esplosive. Ciò tenendo conto almeno della probabilità e della durata della presenza di atmosfere esplosive. Deve, inoltre, valutare la probabilità che le fonti di accensione, comprese le scariche elettrostatiche, siano presenti e diventino attive ed efficaci. Il datore di lavoro deve tenere a mente, inoltre, le caratteristiche dell’impianto, le sostanze utilizzate, i processi e le loro possibili interazioni. Un altro parametro da non dimenticare è l’entità degli effetti prevedibili. Nella valutazione del rischio esplosione vanno considerati anche i luoghi che sono o che possono essere in collegamento, tramite aperture, con quelli in cui possono formarsi atmosfere esplosive.

Documento sulla protezione contro le esplosioni

Documento sulla protezione contro le esplosioni

Tra i compiti del datore di lavoro, per quanto riguarda il rischio esplosione, c’è anche l’elaborazione e l’aggiornamento del Documento sulla protezione contro le esplosioni. Il DPCE deve precisare, tra l’altro, che:

  • i rischi di esplosione sono stati individuati e valutati;
  • luoghi e le attrezzature di lavoro, compresi i dispositivi di allarme, sono concepiti, impiegati e mantenuti in efficienza tenendo nel debito conto la sicurezza;
  • sono stati adottati gli accorgimenti per l’impiego sicuro di attrezzature di lavoro.

Il Documento sulla protezione contro le esplosioni è parte integrante del documento di valutazione dei rischi (DVR). Deve essere compilato prima dell’inizio dell’attività. E bisogna aggiornarlo qualora luoghi di lavoro, attrezzature o l’organizzazione del lavoro subiscano modifiche, ampliamenti o trasformazioni rilevanti.

Leggi anche: Manutenzione in azienda: strumenti per la sicurezza sul lavoro

Le direttive ATEX: riferimento normativo

La sicurezza nei luoghi di lavoro con pericolo di esplosione è regolamentata, a livello europeo, da due direttive comunemente denominate ATEX. L’acronimo sta per Atmosphères Explosibles. Si tratta del riferimento normativo per la valutazione del rischio esplosione.

  • La direttiva 2014/34/UE si rivolge ai costruttori di apparecchi e sistemi di protezione destinati all’utilizzo in zone a rischio esplosione. Definisce i RES (Requisiti essenziali di sicurezza) dei prodotti, per i quali è previsto l’obbligo di opportuna certificazione. È stata recepita in Italia dal D.Lgs. 85/2016, che sostituisce il D.P.R. 126 del 1998.
  • Agli utilizzatori di impianti e di attrezzature certificate si rivolge, invece, la direttiva 99/92/CE. È relativa al miglioramento della salute e sicurezza dei lavoratori esposti al rischio di atmosfere esplosive. In Italia è stata recepita dal D.Lgs. 233/03 e dal successivo D.Lgs. 81/08 (titolo XI - Protezione da atmosfere esplosive).

La classificazione dei prodotti e delle aree

Sul fronte della classificazione dei prodotti², vengono individuati due macro gruppi (I e II) con varie sottocategorie. Nella classificazione delle aree con rischio esplosione, invece, per quanto riguarda la presenza di gas, si divide in zona:

  • 0, in cui l’atmosfera esplosiva è presente continuativamente, frequentemente o per lunghi periodi;
  • 1, quando è probabile che si formi un’atmosfera esplosiva durante le normali attività;
  • 2, laddove la formazione di un’atmosfera esplosiva non è probabile ma, se ciò avvenisse, è possibile che essa esista solo per un breve periodo.

Per la classificazione delle aree, si fa riferimento a criteri come la quantità e la posizione delle sorgenti di emissione dei gas e la disponibilità della ventilazione. Anche nella classificazione delle zone con polveri combustibili vengono individuate tre aree (Zona 20, Zona 21, Zona 22) sulla base di criteri analoghi.

Leggi anche: Spazi confinati: valutare il rischio per prevenirlo

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NOTE

¹ Per “atmosfera esplosiva” s’intende una miscela con l’aria, a condizioni atmosferiche, di sostanze infiammabili allo stato di gas, vapori, nebbie o polveri in cui, dopo accensione, la combustione si propaga nell’insieme della miscela incombusta (D.Lgs. 81/08, art. 288).

² Per approfondire: direttiva 2014/34/UE.

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